Impotenza

minne
Georges Minne, Mother grieving over her dead child.

Fin da ragazzina mi sono sempre chiesta come sia stato possibile che, nel secolo scorso, nel cuore d’Europa, la civile colta progredita Europa, tragedie e crimini quasi inenarrabili, tra cui la persecuzione e lo sterminio di milioni di persone innocenti, siano potuti avvenire sostanzialmente sotto gli occhi di tutti, senza che le popolazioni civili, i comuni cittadini come noi, reagissero per fermare l’orrore che veniva perpetrato in mezzo a loro.
Com’è stata possibile tanta indifferenza?, mi chiedevo con angoscia e anche con sdegnato senso di superiorità.
Adesso – e già da alcuni anni, ormai – lo so.
So che si può vivere sicuri nelle nostre comode case mentre a poca distanza da noi uomini donne e bambini come noi non hanno più le loro; si possono progettare villeggiature e pregustare bagni e gite in barca nel nostro mare, incuranti del fatto che sia una immensa bara di morte; si può sedere a tavola chiacchierando in famiglia mentre sullo sfondo va in onda l’ennesimo naufragio.
Quelle persone – che conosciamo in cifre (80 morti, 200 morti, 50 dispersi…) – è come se fossero un po’ meno persone di noi.

Ma quel che ho capito – e che probabilmente valeva anche per gli europei di allora, che tanto a lungo ho duramente giudicato senza sapere quanto fossimo simili – è che a nulla o a poco valgono la sensibilità del singolo, il senso di colpa delle persone di buona quanto inerme volontà, l’empatia e la solidarietà; moti e sentimenti, questi, che infatti ci sono e si manifestano; basti pensare alle centinaia di vite salvate per esempio da un’organizzazione umanitaria per me eroica come i Medici senza frontiere, ai cittadini di Lampedusa e alle tante meravigliose iniziative di solidarietà e sostegno concreto che si manifestano in tutto il nostro Paese (e non solo) in supporto dei migranti, dei profughi e dei rifugiati anche nelle nostre città. Io stessa sono personalmente a contatto con alcune di queste iniziative concrete. Che sicuramente aiutano alcune persone in carne e ossa; che certamente favoriscono anche l’abbattimento di pregiudizi e diffidenze in altre persone in carne e ossa; e si sa che questo conta; che la persona di carne e sangue che si salva, che vive, vale più di mille princìpi decantati e non agiti.

Però non basta. E non è questione di cittadini singoli o solo di coscienza civile. È questione di volontà politica, di visione internazionale, di scelte dei governi. E non saranno i sensi di colpa individuali a cambiare le cose; perciò facciamo bene ad andare in vacanza, a vivere sereni, ad amare la vita, perché sarebbe sciocco e inutile il contrario.

Però una ragazzina del futuro un giorno si chiederà come sia stato possibile che, nei primi decenni del ventunesimo secolo, migliaia di persone siano state lasciate morire per terra e per mare sotto gli occhi di tutti, senza che nessuno fermasse lo scempio, e ci giudicherà duramente, con angoscia e con uno sdegnato senso di superiorità.


10 commenti on “Impotenza”

  1. M.T. ha detto:

    Penso che non si voglia avere una volontà politica, una visione internazionale. I motivi sono due. 1. Ognuno vuol pensare solo al suo orticello, chiuso tra le mura, come se il resto non lo riguardasse (un grosso errore). 2. C’è un interesse economico in quello che sta accadendo, c’è chi si arricchisce sulle tragedie altrui. Brutto, ma questa è L’Era dell’Economia.

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    • Ilaria ha detto:

      Secondo me ognuno non “vuole” pensare solo al suo orticello ma è spinto dall’organizzazione economica e sociale a pensare al suo orticello perché fa comodo così. Resistenza, per me, oggi significa lottare contro queste pressioni a considerare diritti solo quelli individuali, preferibilmente i propri, a scapito magari di quelli altrui… e anche nel non idolatrare le cose al posto di rispettare le persone.

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      • M.T. ha detto:

        In un qualche modo sì, l’organizzazione sociale spinge a pensare al proprio orticello e basta: problemi col lavoro, con la burocrazia e tante altre cose che tolgono spazio ed energie (mi vien da pensare per esempio a quando si va a fare la spesa, che si trovano promoter ovunque che assalgono per far stipulare contratti, oppure ai call center che chiamo in continuazione). Esasperati da ciò, quando si ha un attimo di tregua, si vuole usare quel poco che rimane della propria vita per pensare un po’ a sé, non avere problemi per quell’attimo. L’organizzazione sociale gioca su tale egoismo ed è una cosa brutta Se ci fosse un po’ di ribellione da tutti, forse le cose migliorerebbero un poco.

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  2. josephpastore ha detto:

    Buongiorno Ilaria, l’argomento ha tante e tali implicazioni, molte delle quali non arrivo a percepire, altre a valutare, altre infine a capire che se cerco di concetrarmi anche su una sola di queste mi gira la testa. Però m’hai aperto gli occhi su una di queste: il paragone tra l’olocausto e quello che sta accadendo da qualche anno a questa parte nell’indifferenza generale. Non so come non ci sia arrivato da solo.. Grazie.

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    • Ilaria ha detto:

      Caro Joseph, è proprio così, l’argomento ha tante implicazioni, richiederebbe tante analisi e ci si potrebbe scrivere saggi su saggi. Ci tenevo a esprimere il mio sentimento sul tema per quanto non in modo emotivo o appunto sentimentale, perché mi sta davvero tanto a cuore, quelle vite valgono quanto le nostre e invece vanno perse.
      Grazie a te.

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  3. recensioni53 ha detto:

    Oggi desideriamo giustamente diritti fra i quali mettiamo dentro anche quello alla cecità virtuale…e facciamo finta di esserne fuori.

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  4. ildiariodimurasaki ha detto:

    I numeri più piccoli rispetto all’olocausto ci salveranno probabilmente da un duro giudizio dei posteri: questa è “solo” una delle tante emergenze della storia dell’umanità e non possiamo seguirle tutte perché la giornata ha solo ventiquattr’ore – ma a volte mi sembra che tanto potrebbe essere migliorato solo con un po’ più di organizzazione. Lo sterminio degli ebrei era voluto, la morte nei barconi non è, mi sembra, strettamente programmata: semplicemente si lascia che accada e spesso basterebbe poco per evitarla. Un opinione pubblica più favorevole, per esempio…

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    • Ilaria ha detto:

      Sì, esatto, il mio paragone non riguarda tanto le tragedie in sé, che sono diverse quantitativamente e qualitativamente, ma l’atteggiamento verso di esse, il fatto come dici tu che “si lascia che accada”, quando almeno parecchie di queste morti potrebbero essere evitate, con un po’ di volontà.

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