Se proprio devi uccidere, almeno non parlare

pistola

Non ho mai sopportato quelle scene cinematografiche in cui, dopo che per tutto il film un certo tipo ne ha inseguito un altro per ucciderlo, quando finalmente i due si trovano uno di fronte all’altro e il nostro uomo potrebbe finalmente fare secco in due secondi il suo nemico (di solito ha già la pistola sfoderata mentre l’altro è disarmato, o l’ha già incastrato e deve solo affondare un maledetto colpo), invece di mandarlo per l’appunto dritto al Creatore si lancia in un monologo minaccioso e interminabile, alla fine del quale – inevitabilmente – non riuscirà a fare ciò che sarebbe riuscito a fare se solo avesse tenuto la bocca chiusa.
Mentre questo tontolone si abbandona alla sua fastidiosa logorrea, infatti, noi spettatori sappiamo che, prima che lui finisca di parlare, arriveranno i soccorsi/la polizia/i complici del suo nemico e lo salveranno (nei casi più spudorati può anche darsi che ciò porti a un ribaltamento totale della situazione e che a lasciarci le penne sia alla fine proprio il chiacchierone stesso) o il suo bersaglio, approfittando del tempo che il monologo gli concede, riuscirà a coglierlo di sorpresa e a disarmarlo. Eccetera.

Potete dunque immaginare il mio stato nervoso dopo che ho trascorso due giorni ad adattare un fumett(accio) nel quale questa fastidiosa situazione si protrae per più di una cinquantina di pagine. 50 pagine in cui due esseri (di cui uno è una specie di zombie intelligente che si è ulteriormente trasformato in mostro, tipo un Golia postmoderno e mooolto più brutto e potente) si fronteggiano e il più forte, invece di ammazzare subito l’altro (cosa che potrebbe fare facilmente), comincia a tirarla per le lunghe con frasi di questo tipo (più qualunque loro variante):

Finalmente ti ho sotto tiro, adesso ti uccido!

La vedi questa pistola ultrapotente? È puntata contro di te! [specifico che il tipo contro cui la pistola è puntata non è cieco]

Adesso ti sparo un colpo che ti spappola il cervello!

Sei pronto a morire? Come ci si sente, eh?, grand’uomo dei miei stivali!

Credevi di scapparmi e invece guarda qui: sto per ucciderti!

Lo vedi questo cannone? Dentro c’è una pallottola che aspetta solo di fracassare quel tuo cervellino (sempre che tu ne abbia uno) e ora lo farà.

Cos’è? Non fai più il gradasso? Hai fifa, eh? Fai bene perché stai per crepare.

Sai che sto per ucciderti?

Be’, dopo oltre cinquanta pagine così (con io che, ormai con la bava alla bocca e in preda a istinti omicidi, invoco e urlo – tra una pagina e l’altra – amenità come: Ma uccidilo, su! E falla finita! Sparaaa! Spiaccicalo! Distruggilo! Chiudi la bocca, idiota! eccetera, bramando di entrare nella pagina, massacrare entrambi e riuscirne purificata) come credete che finisca?


11 commenti on “Se proprio devi uccidere, almeno non parlare”

  1. flalia ha detto:

    Ehi, amici, ma non vi fa impressione quella pistola puntata che ho messo come immagine? A me, adesso che la guardo bene, sì!

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  2. listen ha detto:

    Per adesso commento la foto….emh…sì, un pochettino aggressiva come immagine, anche perchè la canna della pistola è
    rivolta verso chi guarda.Però è attinente al contenuto del post e quindi va bene.Io intanto giro il monitor, non si sa mai…

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  3. aleike ha detto:

    Uno degli errori che fa in genere il tizio che fa il monologo pistola in mano, e’ avvicinare pericolosamente la stessa al corpo del suo avversario, che spesso, con un abile e repentino movimento, riesce a disarmarlo!:o)))

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  4. melchisedec ha detto:

    Ah ah ah! D’Ortles definirebbe tutto ciò “priapismo” fumettistico e, per l’inizio del post, invece filmico.
    Che brutta tendenza! 🙂

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  5. flalia ha detto:

    Listen: eh eh, meno male non siamo in un fumetto horror se no potremmo temere che la pistola funzioni… 😉

    Aleike: è vero! Assurdo… se io fossi un killer non sarei mai così distratta… 🙂

    Mel: già. Soprattutto nel caso dei (brutti) fumetti, è anche un espediente usato dagli sceneggiatori per “allungare il brodo”…

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  6. flaviablog ha detto:

    Finisce fastidiosamente com’è cominciato. Eppure la chiamano “azione”. Film d’azione. Romanzo d’azione. Come se le minuterie della vita d’ogni giornonon fossero *azioni*. Sono l’azione che fa andare avanti il mondo. Certo cinema e certa narrativa sogna invece l’azione che lo ferma.

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  7. flalia ha detto:

    Flavia: ciao, benvenuta 🙂
    E’ vero, e poi ormai un certo tipo di scene o film d’azione sono così prevedibili e meccanici che, più che “azione” si tratta di “routine” (= morte dell’arte)…

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  8. latendarossa ha detto:

    Credo sia una robina che abbiano inventato i Greci, questa della sospensione e dilatazione del tempo narrativo (pensa anche al cinema di Sergio Leone, con i primi piani di Eastwood, Lee Van Clef ecc.). Che fumetto è questo qui? Mi ha incuriosito la trama. Immagino sia un manga…

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  9. flalia ha detto:

    Marcello: sì, ok, ma un conto è la suspence o il tirarla per le lunghe ma creando tutta un’atmosfera e un significato… diverso è quando risulta solo una scelta fatta per comodità o per scrivere più pagine quando non si ha molto da dire! 🙂 Il fumetto è un manhwa (un fumetto coreano, più o meno omologo del manga giapponese per stile e temi), una sorta di horror soprannaturale (è ambientato nel mondo dei morti), ma nel caso t’interessasse l’argomento ti consiglierei qualcosa di meglio, credimi! ;-))

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  10. listen ha detto:

    Da come l’ hai descritto mi sembra una brodaglia allungata il “dialogo” tra i personaggi.(scusa se virgoletto “dialogo”…) Una cosa che m ‘inquieta nei manga: ma hanno tutti lo stesso taglio degli occhi, il nasino identico, insomma un po’ troppo rassomiglianti tra di loro.Non ho capito se è il genere che impone tali tratti o sono i disegnatori che la pensano….come dire…allo stesso modo.

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  11. flalia ha detto:

    Listen: è lo stile, tendenzialmente. Però se uno comincia a conoscere meglio quel mondo, magari andando oltre gli aspetti più commerciali, comincerà a capire che ogni autore ha il suo stile e a cogliere tani particolari che di primo acchito non si notano!

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