L’autore, l’opera, il lettore [Manteniamo le distanze, please…]

In questi giorni si è rafforzata in me un’opinione che mi accompagna già da tempo. Vorrei sapere cosa ne pensate voi.

Secondo me gli incontri con gli autori non servono a niente e non arricchiscono in nulla il lettore. Per me, una volta che un libro è in circolazione, ha una vita propria e separata da chi lo ha scritto. Nell’annosa disputa, sono di quelli che separano la vita dell’autore dall’opera. Non m’interessa il gossip sull’autore di un romanzo che amo. E neppure m’interessa incontrarlo in un’occasione pubblica in cui lui dovrà parlare del suo libro. Infatti a questo tipo di incontri, che trovo inutili e noiosi, non vado mai. L’autore arriva, viene presentato, gli vengono poste alcune domande, legge qualche pagina della sua opera; stringe qualche mano, firma qualche autografo e se ne va.

Ieri per esempio ho dovuto presenziare (per lavoro) a un incontro con Frederik Peeters, un autore svizzero di graphic novel. Mi piacciono molto i suoi lavori, li conosco bene; anche la mostra a lui dedicata è molto bella, con tavole originali e poco conosciute. Ma l’incontro di ieri non mi ha dato niente in più: lui è stato simpaticissimo, molto disponibile e generoso: ha parlato tanto, risposto a ogni domanda, svelato retroscena, curiosità e piccoli trucchi del mestiere. Ma io ne sono uscita uguale a prima; quello che penso delle sue opere e l‘interpretazione che ne do non ha subito alcuna modificazione.
A volte incontrare l’autore può essere una grande delusione, come mi è accaduto anni fa con Bianca Pitzorno, la più affermata scrittrice per ragazzi del nostro Paese (ma molti dei suoi romanzi possono essere tranquillamente apprezzati dal pubblico adulto; La bambinaia francese, per esempio, è una riscrittura di Jane Eyre dalla prospettiva della piccola Adèle, e oltre a essere un romanzo in sé avvincente, è poi molto intrigante divertirsi a scoprire tutti i riferimenti e le citazioni presenti nel testo – da Dickens a Sue all’onnipresente Balzac e così via -). Mentre il suo modo di scrivere è vivace, scintillante, coraggioso, dal vivo mi è parsa spenta, impacciata e molto scontrosa (impressione ripetutasi in più occasioni).
Io amo a dismisura Ugo Cornia. Nonostante le occasioni di ascoltarlo leggere brani dai suoi romanzi siano state tante, non ne ho mai approfittato. Preferisco leggermeli tra me e me, o leggerli agli amici, parlarne con loro.

Per me il senso del romanzo sta nelle interpretazioni che ne danno i lettori, nel dialogo silenzioso e intenso che avviene tra il lettore e l’autore implicito (cioè quello che parla nel romanzo); non (paradossalmente) nelle spiegazioni di chi il libro lo ha scritto.

Preferisco insomma il lector in fabula all’auctor ex cathedra.

Conosco invece persone che non si perderebbero mai un incontro con un autore, perfino quando non hanno letto i suoi libri… E voi che ne pensate? Ci andate? Non ci andate? Ne uscite arricchiti? Indifferenti? Disgustati?

 

P.S. doveroso: per “incontri” intendo occasioni ufficiali come presentazioni di libri e simili. Sono ben felice di conoscere gli scrittori che ho conosciuto tramite blog – Paolo, Laura e Lory, Davide – e di leggere i loro romanzi. 😉


Aggiornamento: MariaStrofa aveva trattato lo stesso argomento nel suo modo colto e surreale in questo suo post di qualche tempo fa. Vi consiglio di leggerlo perché è spassosissimo!


27 commenti on “L’autore, l’opera, il lettore [Manteniamo le distanze, please…]”

  1. edi ha detto:

    mi è capitato di assistere ad “incontri con autore” di pessima riuscita (organizzativa, ma anche contenutistica), durante i quali l’opinione alta et celebrativa che io – lettrice – avevo di Lui / Lei – l’Autore/Autrice – si è letteralmente frantumata dopo un paio di minuti.

    ho avuto anche esperienze positive. L’anno passato, verso settembre se non erro, la Nota Libreria Bolognese ha organizzato un incontro a dir poco magnifico con uno dei miei scrittori preferiti: Irvine Welsh. Notevole per molti aspetti: anzitutto, Welsh ha interpretato in modo geniale alcuni pezzi dell’ultimo romanzo – per gli astanti che comprendevano la lingua inglese si è trattato di un momento memorabile. In secondo luogo, Welsh è stato davvero disponibile a fornire risposte chiare ed esaustive alle domande degli ascoltatori. Io stessa sono intervenuta, visto che ero in prima persona molto curiosa di sviscerare alcuni aspetti dei suoi libri.

    ecco, se c’è una cosa che amo molto di questi incontri è la possibilità di mettere in luce alcuni aspetti-chiave dei romanzi, interpretarli e comprenderli secondo prospettive diverse. Non necessariamente ciò significa rinunciare al silenzioso e implicito rapporto tra lettore e scrittore; basta indipendenza di pensiero, credo. Probabilmente l’incontro toglie qualcosa all’alone di magia che circonda spesso l’Autore (specie se di un libro che s’è molto amato), ma allo stesso tempo – se è vero che il libro s’è molto amato – fornisce una chiave di lettura originale o semplicemente diversa. Personalmente, quasi ogni incontro mi stimola a leggere di più e anche, perché no, a scrivere.

    detesto invece tutte quelle occasioni in cui la celebrazione è parola d’ordine, ma soprattutto quando gli astanti approfittano dell’occasione per lasciarsi andare a discussioni autocelebrative o “troppo colte per i comuni mortali”.

    molto dipende dall’Autore, dall’organizzazione dell’incontro e anche dal contesto, credo. Non lo definirei un evento malvagio tout court.

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  2. commediorafo ha detto:

    Dipende dal libro e dall’autore.
    Un mio amico ha scritto un libro divertentissimo. Sono andato a 5 presentazioni e mi sono sempre divertito. Che libro è? Lasciamo un po’ di mistero…
    Massimo

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  3. PaoloFerrucci ha detto:

    cara Ilaria, quando uscì il mio primo romanzo mi fecero fare qualche presentazione, ma furono esperienze totalmente inutili, visto che nessuno mi conosceva ed erano solo tentativi – come in moltissimi casi – di far conoscere un autore esordiente.

    Esperienze che trovo inutili anche quando l’autore ha qualche notorietà, perché – come dici – il libro dovrebbe parlare da sé e instaurare senza interferenze il suo particolare rapporto col lettore.

    Diverso il caso di scrittore-star, che vanta molti ammiratori che smaniano per vederlo. Allora la cosa può aver senso (vedi gli ultimi incontri della Nothomb coi suoi fans), sempre che lo scrittore-star sia disposto a rivelarsi umanamente e non tema di veder sminuito il suo carisma ideale.

    Spesso, infatti, è sconsigliabile farlo perché capita che i lettori vedano deluse le proprie aspettative di appeal nei confronti dello scrittore (come se l’erano immaginato).

    Quindi, complessivamente, la vedo come te.
    ciao, cara. :-*

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  4. flalia ha detto:

    Cara Edi, interessante il tuo punto di vista. Certo molto dipende dall’autore; però io continuo a credere nell’autosufficienza del testo. Le spiegazioni a posteriori possono essere una curiosità in più, ma continuo a non vederle come un arricchimento decisivo. Certo se tutti i lettori ragionassero come me, gli autori sarebbero gli unici partecipanti all’incontro, quindi viva la diversità di opinioni!

    Massimo: eh ma non vale, così m’incuriosisci… 😉

    Caro Paolo, mi mandi delle immagini una più bella dell’altra, non so come ringraziarti. Per caso il libro sulla sinistra è “Mistero etrusco”? Te lo auguro davvero.
    Che bello, sono felice e anche un po’ compiaciuta che la pensi come me.
    Ciao, e invece del solito bacio, tanti baci :-*********

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  5. diegodandrea ha detto:

    Non so… magari banalizzo (anzi, sicuramente) , ma non è che sia esattamente d’accordo… inanzi tutto perché un Autore implicito (ma è solo la mia opinione e valga come tale) non esiste, e si tratta solo del lettore che si appropria del contenuto di un testo riversandoci dentro se stesso (processo, tra l’altro, spontaneo e naturale)… dopodiché, voler prescindere dall’idea originaria di quelle pagine (prescindendo, quindi, dalle “spiegazioni” dell’Autore) è solo una semplice scelta (legittima, ci mancherebbe): fermarmi a dialogare con me stesso attraverso le parole scritte da un Altro? O dialogare con Lui, attraverso le parole scritte da Lui, dei suoi perché per metterli a confronto con i miei?
    Secondo me nessuna delle due scelte è intimamente criticabile!
    Ciao D

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  6. flalia ha detto:

    Ciao Diego! Infatti non critico nessuno, per questo ho chiesto il vostro parere! Infatti, per me è così, ma capisco invece che per altri (compresa la mia migliore amica, per esempio) sia importante incontrare l’autore e ascoltare le sue ragioni (vedi il bel commento di Edi). Però non è che io voglia “prescindere dall’idea originaria di quelle pagine”: penso di doverla capire da quello che leggo, senza che l’autore me la spieghi. Cioè non mi dà molto sapere in che modo gli è venuta la tale idea o se ha scritto il libro di getto o lentamente. Ma so che questo vale per me. Per altri lettori invece è importante sapere anche i minimi particolari. Oppure ci sono quelli che si affezionano molto all’autore, mentre io mi appassiono al libro ma non molto all’autore.
    Perciò grazie del commento, caro, e grazie per rispondere sempre, anche quando sei indaffarato! Ciao, un bacione,
    Ilaria

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  7. neronda ha detto:

    Sono assolutamente d’accordo con te, il libro ha una vita indipendente dall’autore, anche se razionalmente non me lo spiego, ma se è così pure per genitori e figli…. Non ho mai partecipato ad incontri con l’autore perchè temo la delusione e perchè i miei autori preferiti non bazzicano l’Italia spesso….

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  8. neoscapigliato ha detto:

    Io mantengo le distanze dagli autori che mi piacciono…proprio per paura di rimanerci deluso. Quando ho l’opportunità, vado alle presentazioni di libri che non mi sono piaciuti…con la speranza di riuscire a dare un nuovo valore all’opera dopo aver ascoltato l’autore…(sono contorto…lo so!)
    Comunque ringrazio iddio che i miei scrittori preferiti sono tutti morti…soffrirei nel vedere Cletto Arrighi avvinazzato dietro una pila di libri alla Feltrinelli…o ancorpeggio sulla copertina di Chi
    Ciao Ilà

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  9. flalia ha detto:

    Ecco l’utilità di ascoltare i vostri pareri…
    Caro Stefan, non ci avevo mai pensato: andare ad ascoltare gli autori dei libri non amati con la speranza che mi piacciano… Sei fantastico! Riguardo ai tuoi amati scapigliati, hai ragione, meglio dove stanno adesso… Ciao, grazie! :-*

    Neronda: sì, anch’io, come detto, temo molto la delusione. Bello il paragone con genitori-figli. Ciao 🙂

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  10. melchisedec ha detto:

    Se si tratta di incontri di autori su tematiche altre, che nulla hanno a che fare con l’opera pubblicata, allora sì, altrimenti preferisco amoreggiare direttamente col testo. Si legge e si vive una pagina per quella sorta di innamoramento immediato che è frutto dello scritto fissato attraverso le parole una volta e per tutte. Il resto diventa extra-testo, a volte inutile sul piano della fruizione. La critica,invece, può attingere a piene mani dal serbatoio extratestuale.Temo che ultimamente la tendenza al gossip stia dilagando anche tra gli scrittori e i lettori soprattutto; tu riporti un dato “allarmante”: presenziare ad un incontro ufficiale, anche non avendo letto alcun libro dell’autore X. Davvero scolvolgente. E triste.

    Buon lunedì 🙂

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  11. Higurashi ha detto:

    L’interpretazione soggettiva di un’opera è sacra e santa.
    Ma io personalmente sarei curiosa di incontrare l’autore di un libro (a patto che del suo libro si parli, ovviamente)
    Per il semplice fatto che uno scrittore non scrive libri semplicemente per “trastullare” la mia fantasia e che, una volta finiti, vengono riposti sulla libreria.
    Dietro ad ogni libri (normalmente) immagino ci sia un’impalcatura intrigata che probabilmente io, come lettrice superficiale, potrei ignorare scorrendo le pagine del libro come se nulla fosse mentre l’autore probabilmente ci avrà lavorato e lavorato sopra.

    Di conseguenza, come mi piace ascoltare le opinioni di altri lettori su un libro, vorrei ascoltare anche quella dell’autore stesso nel caso in cui sia in grado di mostrare “sfaccettature” non così manifeste.

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  12. lauraetlory ha detto:

    Aiuto! E io che pensavo che le presentazioni fossero un momento di comunione… Mi hai messo in crisi, lo confesso senza mezzi termini. Organizzare presentazioni è, da qwualche mese a questa parte, il lavoro più noiuoso, ma anche il più necessario, per mandare avanti N.Y. 1920. Durante le presentazioni, attori miei amici hanno letto brani e lo hanno fatto talmente bene (tranne una…) che ho visto la gente perdersi nella trama, astrarsi, era come stessero vedendo un fiulm. Le domande sono state un po’ scontate, certo. Ma mi hanno comunque fatto piacere, perché la curiosità nei confronti del ditreo le quinte di un libro è comunque l’inizio di un interesse alla lettura, alla cultura, a qualcosa di diverso dalla televisione. Poi, lo ammetto, io non vado alle presentazioni, soprattutto a quelle di autori famosissimi. Ma mi sa tanto che lo faccio perché sono invidiosa persa!
    Laura

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  13. GiacominoLosi ha detto:

    Sono d’accordo. Le opere in giro per il mondo, gli autori a casa. Sto pensando a d’Annunzio, Wagner, Beethoven, Goya. Manco un caffè.

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  14. MariaStrofa ha detto:

    ciao ilaria, io sono d’accordissimo.

    avevo detto più o meno la stessa cosa, qui.

    http://mariastrofa.splinder.com/post/11115425

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  15. flalia ha detto:

    Mel: bella l’espressione “amoreggiare col testo”! Grazie.
    Buon lunedì anche a te!

    Laura: infatti ti aspettavo al varco, Laura! Nel senso che ero molto curiosa di conoscere il tuo parere di scrittrice. Io ragiono da lettrice, infatti, però penso che anche da scrittrice probabilmente non mi sentirei molto a mio agio (un po’ come ha scritto Paolo nel suo commento). Ecco, quello che dici tu mi fa pensare che probabilmente conta molto l’atteggiamento dell’autore. Per alcuni l’incontro coi lettori sarà forse solo una “seccatura pubblicitaria” da sbrigare in fretta, per altri (timidi) un momento di grande ansia e imbarazzo. Forse se uno lo vive come te (Un momento di comunione; molto bella questa immagine!) anche l’incontro prenderà una piega diversa. Però vedi che neanche tu vai alle presentazioni? ;-)) Qualcosa vorrà pur dire…
    Ciao, e veramente grazie perché i tuoi commenti sono sempre approfonditi 🙂
    P.S. se il mio post ti ha messo in “crisi”, vai a leggerti quello di Maria Strofa citato nel suo commento più sotto… da scrittrice (anche lui lo è) dovresti davvero sentirti coinvolta!

    Higurashi: ecco un valido argomento a favore degli incontri. Qui conta molto l’interesse personale, cioè se a uno interessa o no sentire dalla voce dell’autore questi retroscena.

    Giacomino: con quegli autori che hai nominato tu, chissà, magari a un incontro ci sarei pure andata… Ciao! 🙂

    MariaStrofa: è vero! E l’avevo pure commentato il tuo post. Ho aggiornato e l’ho segnalato nel mio post perché è fantastico.
    Ciao, graziissime! 🙂

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  16. diegodandrea ha detto:

    Scusate, non è per fare il polemico, ma solo perché l’argomento lo trovo effettivamente interessante. Però ci sono degli interrogativi (che forse per deformazione professionale… o per patologia mentale;-) continuo a pormi.
    Per esempoi, l’ottimo Paolo Ferrucci (che seguo in silenzio da tempo, come anche Maria Strofa), le cui qualità intellettuali trovo indiscutibili al di là del gusto personale, porta avanti un bellissimo blog sul quale, oltre a tanti contenuti interessanti, pubblica brani del suo libro (benché riadattati) e altri lavori. Dopodiché, tutti quelli che leggono il suo blog, vanno lì, commentano e chiedono, e il buon Ferrucci risponde e spesso da spiegazioni e delucidazioni. Scusate, ma questi non sono “incontri” con i lettori? Personalmente credo assolutamente di si, e dovreste impegnarvi molto per convincermi del contrario… rispetto ad un incontro cambia la forma ma non di certo la sostanza. Però, l’ottimo Ferrucci, poco sopra, ha appena detto di essere d’accordo col fatto che gli “incontri” sono inutili… quindi adesso cosa accdrà, smetterà di “incontrare” i suoi lettori/commetatori sul blog? Beh, sinceramente spero proprio di no, sarebbe un bel peccato.
    Saluti D

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  17. lo_struzzo_nero ha detto:

    Io non leggo, quindi non posso esprimere commenti in merito, un salutone te lo lascio però..

    ps.: io sono uno di quelli che preferisce la rasatura totale alla boccia pelata laterale…

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  18. 403 ha detto:

    Leggo il post e (scusandomi con tutti, te per prima) salto i commenti, in realtà ero passato solo per ringraziare della visita. Grazie.

    Questo per me è un periodo di impegni pressanti che mi tengono abbastanza lontato dalla blogosfera, anche da lettore, però quando posso però ti leggo, ti ho scoperto da poco e mi piace quello che dici e come lo dicii (tempo fa ho pure segnalato un tuo post nell’altro mio blog). Non commento perché da settimane non faccio che scrivere per lavoro e – finché dura così – per ogni parola scritta in più per me è faticoso trovarle spazio. Comuque spesso lo avrei fatto volentieri.

    Sul tema in dibattito io posso dire che è vero, autore e opera stanno su binari paralleli che per il lettore possono non incontrarsi… però io sono curioso. E se anche un incontro può benissimo non dare nulla di più all’opera, se un libro l’ho amato a me piacerebbe aver visto e sentito parlare almeno una volta il suo atuore.

    Per esempio, non sai quanto t’invidii per aver visto Frederik Peeters… e non perché per me Peeters è un collega (faccio fumetti anch’io, sia pure di altro genere e solo come sceneggiature) ma perché – da lettore – le Pillole blu è uno dei libri più emozionanti che mi sia capitato leggere negli ultimi anni. Sono convinto che, anche per me, il sentirlo parlare facilmente non avrebbe aggiunto nulla all’opera che ho amato, ma avrebbe aggiunto qualcosa a me, avrei visto un piccolo pezzo di mondo in più (per di più attiguo a un pezzetto di mondo che amo molto)…

    Adesso scappo a lavorare, appena posso torno e leggo con più calma.

    Grazie ancora della visita
    andrea

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  19. alessiobrugnoli ha detto:

    Rsipondendo al tuo commento mio padre è una persona molto particolare, però anch’io gli voglio un bene dell’anima

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  20. Io credo molto nell’autosufficienza del testo, ci credo fermamente, anzi di più. Però quando sono andato a pranzo con Abraham Yehoshua, in occasione dell’intervista che gli ho fatto, è stata una cosa molto bella e ho sentito di avere incontrato una bella persona. Stesso discorso, quando ho incontrato Paul Auster, Tom Wolfe e altri (sarebbe lungo elencarli). In altre occasioni invece ho conosciuto scrittori che non mi sono piaciuti affatto.

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  21. latendarossa ha detto:

    Vedo che si parla di “autosufficienza del testo” dopotutto sono d’accordo: lo scrittore “vive” attraverso le pagine del suo libro ed è eventualmente meraviglioso (o al contrario insopportabile) in quella dimensione lì. Insomma ci colpisce e comunica con noi attraverso la pagina scritta. Poi che la sua personalità sia interessante al di là del “mestiere” di scrittore è un fatto secondario, accessorio. La controprova? Pensa a quanti pessimi scrittori sono magari delle persone interessanti, divertenti, cordialissime ecc. ma magari butti via i loro libri dopo qualche riga.
    OT: preso il marocchino?

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  22. flalia ha detto:

    Purtroppo la discussione sarebbe molto più lunga e complessa di quanto lo spazio di un commento permetta, quindi perdonatemi la sintesi:

    Diego: secondo me c’è differenza tra l’interagire tramite blog e l’incontro pubblico. L’interazione lettore-autore attraverso blog, per quanto superficiale, è comunque personale e prolungata nel tempo. Tra l’altro io il blog di Paolo ho cominciato a leggerlo prima di sapere che fosse anche uno scrittore; cioè commentavo (e commento) i suoi post come commento quelli di chiunque altro. Poi è ovvio che se alcuni post parlano dei suoi libri nei commenti interverrò su quello, ma non lo vedo come un incontro con lo scrittore di tipo formale e impersonale. Per me Paolo o Laura potrebbero anche essere due commessi di Ricordi e li commenterei uguale.
    Se non sei d’accordo, dimmelo pure, mi interessano i pareri discordanti. :-*

    Struzzo: ciao (OT: io preferisco la pelatina alla rasatura totale; mi è più simpatica. Ma sono tollerante…) 😉

    Andrea (403): Benvenuto! Davvero mi leggi? Grazie, e grazie anche per la citazione (non lo sapevo). Io ti leggo da poco grazie ai tuoi bei commenti sui blog di Neronda e Bianca. Non ti preoccupare, qui non c’è obbligo di commento, anche se ovviamente mi fa piacere! Davvero lavori come sceneggiatore? Che curiosità mi fai venire.
    Ecco, mi trovo d’accordo sui binari paralleli: sono due cose diverse, e l’incontro può essere una cosa in più che non interagisce con la lettura del testo.
    Anche a me piace molto “Pillole blu” e la maggior parte delle domande erano proprio su quella storia. Lui come persona mi ha fatto un’ottima impressione.
    Ciao, grazie e buon lavoro 🙂

    Alessio: ciao, benvenuto 🙂

    Davide: sono d’accordo con te. Io per “incontro” parlo di quelle situazioni formali, pubbliche, con l’autore di fronte a un pubblico di persone con le quali, al di là delle domande, non si instaura alcun tipo di rapporto interpersonale. Ben diverso è avere la possibilità di conoscere personalmente un autore, trascorrerci del tempo insieme, discutere di tante cose. Per dire, se potessi io andare a pranzo con Yehoshua, ne sarei ben felice. Anzi, t’invidio un po’, anche solo per i tre nomi che hai citato!
    Ciao!

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  23. flalia ha detto:

    Marcello: è verissimo. Ecco perché per es. separo vita da opera. Certi autori come persone erano/sono orrende ma hanno scritto dei capolavori assoluti. Altri sarebbe meglio non scrivessero ma magari hanno il carattere migliore del mondo. Poi se uno riesce a unire le due cose, meglio per tutti!
    OT: buo-nis-si-mis-si-mo! Ne diverrò schiava. No, lo sono già. Quindi non so se ringraziarti o meno… 😉

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  24. sambigliong ha detto:

    non ricordo più in quale film woody allen dica:
    o sei scrittore o sei parlatore.

    però vale tutto, sai?
    ascolta ilaria.
    nel 2006 sono usciti 2 miei libri per 2 editori differenti. uno di questi editori – fernandel – era preoccupato: avrebbe preferito evitare la sovrapposizione, soprattutto perché – mi dissero – è difficile trovare un critico che ti recensisca due libri nell’arco di un paio di mesi.
    allora mi informai.
    ho una cara amica, direttrice generale di una delle più grosse case editrici italiane.
    Le spiegai il problema delle recensioni. Lei, allora, tirò fuori dal cassetto della sua scrivania dei dati, e li commentò ad alta voce.
    Numero di recensioni rapportate al numero di copie vedute di un determinato libro.
    Bene: non c’era nessun tipo di rapporto.
    C’era un libro ignorato dalla critica che era alla sesta ristampa, c’era un libro recensito da tutti ma che aveva venduto, dopo mesi, 300 copie.
    la mia amica direttrice mi disse: servono altri strumenti.
    Quali?, domandai io.
    Serve la televisione, se vuoi vendere, farti conoscere, oppure…
    Oppure, domandai io?
    Il passa parola e credimi non c’è nulla di meglio delle presentazioni che lo favoriscano; solo che – concluse la mia amica – le presentazioni vanno fatte bene, senza annoiare.
    E internet, la rete?
    La mia amica disse: Un po’ serve ma poco; gli aspiranti scrittori che vanno in rete leggono pochissimo…

    discorsi lunghi.

    a me comunque piace la frase di woody allen (forse perché non sono un parlatore)
    ciao
    r.

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  25. flalia ha detto:

    Caro Remo, grazie per il tuo intervento, anche perché credo che i miei ultimi due post (questo e quello sulle biblioteche) siano frutto della lettura del tuo blog. Perché lo leggo sempre, anche se non commento spesso, e ormai sono tormentata da problemi di editoria e casi di coscienza che finora non mi avevano mai sfiorato. Ma dato che percepisco la tua insoddisfazione o disillusione o risentimento o scoraggiamento (non so bene come definire quel groviglio che ti fa scrivere quei post) ecco che sono qui a riflettere.

    La TELEVISIONE è senz’altro la grande macchina per vendere prodotti (che si tratti di detersivi, libri o anche sé stessi in toto) e non c’è niente di male tra l’altro se uno ne è consapevole. Se vai in tv stai certo che vendi.
    Tu sei stato in radio però. Ok, Fahrenheit, non saremo milioni a seguirla ma parecchi sì. Io per es. ti ho “scoperto” lì. Non è stata una bella esperienza, quella? Poi tu stesso hai scritto che o sei timido o insomma non sei un parlatore o un presenzialista e non sei andato in studio l’ultima volta. Giusto. Allora si vede che anche tu non ti senti molto tagliato per certe situazioni (tipo appunto presentazioni, almeno in radio). Non so se ho capito bene, se sbaglio correggimi.
    Gli incontri e le presentazioni: io non ho mica detto che disprezzo uno che ci va (autore o lettore che sia), anzi! Ho detto che io, personalmente, non ci trovo molto d’interessante, preferisco allora stare a casa a leggere un libro in più. Altri, anche tra i miei commentatori, le trovano occasioni utili e stimolanti. Benissimo!
    Il passaparola poi è un fenomeno misterioso che a volte parte dal niente. Mi stupisce quello che ti ha detto la tua amica competente, perché per es. credevo che il passaparola attraverso rete funzionasse. Io senza la rete non avrei conosciuto alcuni autori che casualmente conosco e a cui voglio bene (non come autori ma come persone). Poi non so.
    Insomma: scrittore o parlatore: sicuramente le due cose sono anche conciliabili. Ognuno farà come si sente. io vorrei solo che tu non fossi così arrabbiato o triste…
    Ciao, grazie! 🙂
    Ilaria

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  26. sambigliong ha detto:

    cara ilaria,
    frequento il mondo dell’editoria dal 2003.
    oddio, frequento è una parola grossa.
    vado in case editrici e parlo con editori ogni tanto; poi ho rapporti con addetti stampa, editor, scrittori e, utlimamente, agenti letterari (che son quelli che ne sanno di più).
    sul passa parola della rete ci sono opinioni contrastanti.
    ho però la sensazione che il mondo dei blog non sia affatto la fotocopia del mondo reale.
    mi spiego.
    c’è gente che vende, e tanto, ed è al di fuori da blog e circuiti soliti (vibrisse, lipperini, nazione indiana…).

    i più inattendibili, poi, sono gli scrittori.
    moltiplicano il numero dei libri venduti come fossero pani e pesci.
    a pelle, credo che internet e i blog ti diano qualche copia, anzi no non proprio qualche copia.
    quando uscì Lo scommettitore io ne parlai sul mio blog e ci fu una sorta di tam tam, che durò due mesi (senza recensioni di giornali o trasmissioni tivu).
    posso quantificarti: dopo 2 mesi avevo venduto poco più di 400 copie.
    quindi la rete funziona.
    ma quel che funziona nel settore è soprattutto una buona distribuzione e una buona copertina.
    ciao ilaria
    r.

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  27. flalia ha detto:

    Ecco, vedi: 400 copie in due mesi tramite passaparola internettiano non è mica poco, come dici tu (cioè, a me non sembra poco: ma non so per uno scrittore cosa sia poco e molto a livello di vendite).
    La copertina, è vero, aiuta molto: confesso che spesso compro libri a scatola chiusa, ispirata solo dalla copertina (e ricordo un tuo bel post in cui si era parlato di copertine e di come ci piacciono o meno).
    Distribuzione: ovvio che conta. Per quanto riguarda i tuoi libri, io li ho trovati tranquillamente da Feltrinelli (qui a Bologna) senza averli dovuti ordinare (sia Clelia sia Lo scommettitore). Non so se ti consola. Fernandel poi è una casa editrice di tutto rispetto.
    Insomma, io dico che se tu continui sulla tua strada potresti ottenere ulteriori soddisfazioni. Poi insomma se è una questione solo o prevalentemente di conventicole o conoscenze o scambi di favori, uno può anche sentirsi più fiero di starsene fuori.
    Lo vedo anche con mio padre, è professore universitario. Cosa non ha dovuto sopportare e mandar giù, che problemi di coscienza ha affrontato. Non ha fatto niente di sconveniente e ora si è fatto la sua carriera ed è uno stimato professore nel suo campo, semplicemente grazie ai suoi meriti. Ecco perché sono fiduciosa, caro Remo.
    Grazie per le tue riflessioni, ciao 🙂

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