«Io c’ero» [Sull’ammirare]

Due anni fa sono andata a Parigi e tra le tante cose da fare mi è sembrato logico recarmi al Louvre (c’ero già stata qualche anno prima in gita scolastica ma non ricordavo molto). Entro, quindi, e comincio a visitare i vari settori. Noto che davanti a capolavori famosi, tipo la Gioconda, ci sono file lunghissime e scoraggianti,  mentre altre opere, non meno interessanti ma meno note, sono accessibili, quindi ne approfitto. Prima di andarmene, però, penso che un’occhiatina alla Gioconda dal vivo voglio dargliela anch’io, così mi metto pazientemente in fila. Davanti a me una fitta coltre di teste mi impedisce di vedere qualsiasi cosa fino a che, dopo un certo tempo, mi trovo, assieme ad altri, davanti al capolavoro.

E lo guardo.

Non lo sto guardando da neanche un secondo che sento la gente attorno a me brontolare. Sul momento non ne capisco il motivo (è impossibile che ce l’abbiano con me – mi dico – sono appena arrivata) poi, da alcuni borbottii in varie lingue mi rendo conto che causa dello scontento è il fatto che io stia guardando e non stia fotografando. Cioè, mi spiega un tipo, sto facendo una cosa inutile, sto quindi perdendo tempo e sto impedendo a chi mi circonda di fare quel che bisogna fare davanti a un quadro: scattare una fotografia. In effetti noto varie persone che si spintonano tra loro per riuscire a posizionarsi in modo da scattare una foto (io credevo che neanche si potesse, in un museo!).

Mi pare un ragionamento assurdo; quante volte nella vita mi capiterà di vedere la Gioconda dal vivo? Poche, se non addirittura una soltanto. E perché dunque anche quando ho la fortuna di vederla devo farlo attraverso un obiettivo anziché direttamente con i miei occhi? Provo a fare questa domanda ma capisco che è meglio di no, lascio perdere e mi allontano. Ho già guardato quel che devo guardare. E comincio a notare in effetti che praticamente tutti i visitatori che incrocio sono dotati di macchine fotografiche se non addirittura di telecamerine.

Mi consolo quando, raccontando questo episodio ad amici, scopro  che anche a loro è accaduta la medesima cosa.

Poi muore il papa. Otto reti televisive su otto ci mostrano ogni minuto secondo dell’agonia papale seguita dall’inquietante visione della salma distesa su un baldacchino, esposta a quello che dovrebbe essere l’omaggio dei fedeli. E cosa fanno questi fedeli? Scattano una fotografia. Non un segno della croce, un chinare il capo, un semplice sguardo, macché. Tutti passano con la mano alzata che brandisce il telefonino o la macchinina digitale e il dito sul  pulsante per far scattare il click. Cioè in quella frazione di secondo in cui, dopo ore di fila (so di gente che è stata in coda per 16 ore), passi davanti a quel corpo tu non lo guardi, lo fotografi (ho visto alla tv gente che neanche voltava il viso per guardarlo, scattava e basta).

Questa cosa mi ha molto impressionata. Facendo attenzione ho notato che comportamenti di questo genere non sono rari.

Che significato avranno? Cosa se ne fa la gente di una fotografia della Gioconda scattata sgomitando, quando di riproduzioni di quel quadro se ne trovano in abbondanza?  E la foto del papa (un quadratino di foto in un cellulare con sopra un cadavere)?

Ho pensato a cosa significa per me ammirare: provare per un oggetto/una persona/una situazione un tale sentimento di piacere e meraviglia che ci si sente completamente proiettati verso quell’oggetto, in quel momento non esistiamo più, se non come appendice estasiata dell’oggetto in questione. 

Chi fotografa la Gioconda (in quel modo frettoloso, nevrastenico) non sta ammirando un bel niente, al contrario, secondo me, sta pensando solo a sé stesso, vuol dire “Io c’ero, di fronte a questo che tutti considerano un capolavoro”. Stessa cosa per il papa: non rendo omaggio a lui rivolgendo al suo corpo esposto un ultimo sguardo di devozione/ammirazione, rendo omaggio a me stesso e al mio egotismo scattando una bella foto che mi permetterà di dire, con un certo compiaciuto orgoglio, “Io c’ero”.

Schiavi dell’attuale, schiavi di se stessi. E, quindi, molto poveri.

[Ovviamente non ce l’ho con le fotografie o il fotografare in sé: io stessa faccio le mie belle fotografie quando viaggio o quando mi va. Sto criticando un certo tipo di atteggiamento di alcune persone riguardo al modo di stare nel mondo, di cui un sintomo è la frenesia fotografica]


11 commenti on “«Io c’ero» [Sull’ammirare]”

  1. commediorafo ha detto:

    Non sono un cinefilo, ma mi è piaciuto troppo Will Hunting. Ricordo quando davanti alla saccenza del ragazzo Robin Williams dice a Matt Damon: “Se ti chiedessi qualcosa su Michelangelo mi citeresti un sacco di libri, ma scommetto che non sai l’odore che si sente nella Cappella Sistina”
    Probabilmente quelle persone che hai citato non sanno che odore si sente nei corridoi del Louvre, e nelle loro foto non si sentirà di certo.
    Massimo

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  2. commediorafo ha detto:

    Non sono un cinefilo, ma mi è piaciuto troppo Will Hunting. Ricordo quando davanti alla saccenza del ragazzo Robin Williams dice a Matt Damon: “Se ti chiedessi qualcosa su Michelangelo mi citeresti un sacco di libri, ma scommetto che non sai l’odore che si sente nella Cappella Sistina”
    Probabilmente quelle persone che hai citato non sanno che odore si sente nei corridoi del Louvre, e nelle loro foto non si sentirà di certo.
    Massimo

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  3. flalia ha detto:

    Bello questo esempio. Intendevo proprio qualcosa del genere!

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  4. Zu ha detto:

    Sottoscrivo quanto hai scritto, e non solo perché non sono un buon fotografo: allo stesso modo, non ho mai chiesto un autografo quando ho avuto l’occasione di incontrare persone di una certa notorietà che ammiravo, ma ho cercato di sfruttare quel mezzo minuto per una domanda, un complimento, uno scambio di emozioni, qualcosa di vivo insomma.
    (un’eccezione c’è stata: quando ho chiesto a Petra Magoni e Ferruccio Spinetti di firmare il loro CD che intendevo regalare a una persona… ma anche in quel caso, prima ho dialogato un po’)

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  5. Zu ha detto:

    Sottoscrivo quanto hai scritto, e non solo perché non sono un buon fotografo: allo stesso modo, non ho mai chiesto un autografo quando ho avuto l’occasione di incontrare persone di una certa notorietà che ammiravo, ma ho cercato di sfruttare quel mezzo minuto per una domanda, un complimento, uno scambio di emozioni, qualcosa di vivo insomma.
    (un’eccezione c’è stata: quando ho chiesto a Petra Magoni e Ferruccio Spinetti di firmare il loro CD che intendevo regalare a una persona… ma anche in quel caso, prima ho dialogato un po’)

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  6. flalia ha detto:

    Anch’io mi comporto così! 🙂

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  7. flalia ha detto:

    Anch’io mi comporto così! 🙂

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  8. ediaco ha detto:

    Scrivi cose bellissime, complimenti!
    Grazie anche del passaggio da me e della tua rara sensibilità.
    Ernesto

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  9. ediaco ha detto:

    Scrivi cose bellissime, complimenti!
    Grazie anche del passaggio da me e della tua rara sensibilità.
    Ernesto

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  10. flalia ha detto:

    Grazie, Ernesto. Il tuo blog mi piace perché scrivi cose interessanti con tono moderato (poi amo i fumetti e Dylan Dog e ho apprezzato il tuo post sull’argomento… 🙂 )
    Ciao,
    Ilaria

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  11. flalia ha detto:

    Grazie, Ernesto. Il tuo blog mi piace perché scrivi cose interessanti con tono moderato (poi amo i fumetti e Dylan Dog e ho apprezzato il tuo post sull’argomento… 🙂 )
    Ciao,
    Ilaria

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