La chiave di Barbablù

Finora andare a vivere da sola si sta rivelando solo una immensa fonte di spese, perdite di tempo, stress e seccature. La casa è come la chiave di Barbablù: non è mai pronta e a volte penso che non lo sarà mai, mentre soldi e tempo in particolare non sono più sotto il mio controllo e questa cosa mi fa impazzire (presente quel fastidioso pizzicorino al cervello?). Sono reduce da una decina di giorni intensi, durante i quali non sono riuscita ad aprire un libro. Credo che l’ultima volta che non ho aperto un libro per così tanto tempo risalga a quando ero ancora analfabeta. E mi è mancato tantissimo. Inguaribilmente ottimista, cerco di dirmi che gli aspetti positivi della vita da single arriveranno più tardi. Ma sinceramente ne dubito. Ne dubito profondamente.

Comunque la bella notizia è la seguente: dopo aver passato un’estenuante domenica a tinteggiare vanamente una casa che non vuole essere tinteggiata, il tutto a digiuno da tre giorni per un esame che dovevo fare, martedì scorso ho fatto il suddetto esame e la diagnosi è che la mia malattia è in remissione! Vi dico solo che la casa mi ha stancata così tanto, fisicamente e mentalmente, che quando martedì sono approdata sul lettino dell’endoscopista, solitamente temuto e aborrito, il mio unico pensiero è stato: “Che bello stare distesi. Adesso mi riposo un po’”. Chi se ne importava se quello intanto mi infilava tubi in organi poco simpatici del corpo: poté più la spossatezza che dieci flebo di valium! E vi assicuro che sentire la parola: remissione; leggere sul referto la parola: remissione; vedere con i miei occhi sul monitor i miei visceri risanati… vale più di cento stupide case da sistemare! Un’isola di felicità in un mare di depressione, ma pur sempre Felicità!


“Fratello, dove sei?”

Non ho mai trovato e non trovo qualcuno che condivida almeno in parte, o che perlomeno capisca, quello che penso e quello che sono. Sarà colpa mia, mi dico con convinzione. Va bene, e allora? Che cosa devo fare? Niente. Se lo trovo, bene. Se no, pazienza. Si vede che la mia punizione dev’essere questa. Perché, cos’hai fatto? Che ne so, si vede che devo essere punita. In questo mondo sbilanciato non c’è sempre un perché. Poi sono i narcisisti a preoccuparsi di trovare qualcuno che li riconosca nel loro splendore, ma io non sono narcisista –non voglio esserlo- e sono ben lungi, ben lungi dall’essere una persona splendida.

Ho anche smesso (in parte) di colpevolizzarmi per il mio infantilismo. Per certe cose lo sono (sono ingenua, ho pensieri/desideri infantili e forse anche immaturi), per altre no. Per le cose che contano, cioè quando c’è da assumersi responsabilità, prendere decisioni importanti, ragionare con padronanza di sé, sono una persona molto seria. Sono una persona che a volte sembra sulle nuvole, ma su cui in realtà si può fare affidamento. Questo, almeno, lo hanno riconosciuto in tanti. Se poi sono anche ingenua o infantile, pazienza, in fondo tra essere dei cinici nichilisti egocentrici ed essere degli ingenui non so cosa sia meglio. Tanto vale seguire la propria natura. E se la mia natura è quella di una idiota, seguirò quella, correggendola dove riesco.

Solo che a volte (spesso) mi sento tanto sola. E anche inutile, e infelice. Tutti gli sbagli che ho fatto e che mi hanno portato a essere questo relitto che sono, questa persona invisibile, mi fanno male.

Mi vergogno. Mi sento in colpa. Mi dispiaccio.

Se riuscirò a diventare vecchia forse guardandomi indietro sorriderò ripensando a questi momenti. Forse per allora sarò riuscita a raddrizzare questa povera vita.

Però intanto mi vergogno. Mi sento in colpa. mi dispiaccio.

Poi, sono momenti.

Momenti che mi buttano giù, poi vanno, poi tornano. Non mi abbattono, non mi bloccano nel mio percorso, non mi rovinano la vita; sono solo cose che esistono in me, assieme a tante altre.