Il dovere mi chiama

Ecco. Proprio adesso che la città si è svuotata e non odo motori di automobili né strepitare di bambini, mi tocca andare al mare. E il buffo è che siccome mezza Bologna si è riversata a Riccione, io andrò a Riccione per ritrovarci Bologna e vedere le stesse facce che vedo tutto l’anno. Ho letto sul giornale che in agosto le spiagge romagnole sono così densamente affollate che ogni individuo ha a sua disposizione un metro quadro di spazio. Mentre restando qui attualmente c’è una densità di mezzo chilometro quadro per abitante.

Poi: per tutto l’anno ho avuto il blocco dello scrivente; io, da sempre diarista incallita, non ho più vergato di mio pugno una pagina di diario; e dire che, nel tentativo di ovviare al problema, ho speso un patrimonio nell’acquisto di quaderni e diari di bell’aspetto che mi invogliassero alla scrittura; tutto inutile: la pagina restava bianca. E questo blocco si è esteso anche al blog: di idee ne avevo, di cose da raccontare, idem; ma voglia, zero. E ora che mi è tornata impellente la voglia di scrivere ovunque, e se fosse per me mi metterei pure a scrivere sui muri, proprio ora devo mollare tutto per andare al mare; col diario, sì, ma senza computer.

Senza contare tutte le cose lasciate qui drammaticamente in sospeso. Odio le vacanze. Ma il mare  (e la famiglia) mi chiama. Buon ferragosto a tutti e arrivederci a presto!


Buone vacanze

Cari amici, se non vengo a commentarvi né ad aggiornare qui è perché sono a Riccione, a riprendermi da un anno di forte stress… purtroppo per me devo andare un po’ su e giù tra Bologna e il mare, in genere per affrontare idraulici e tecnici del gas, ma la maggior parte del tempo la passo a fare passeggiate, mangiare piadine e gelati, leggere e giocare. Internet non ce l’ho e partire lasciando il pc a casa mi dà una gran gioia. Ho partecipato alla notte rosa (il Capodanno della Riviera, una notte di gozzoviglie e allegria), durante la quale ho potuto godermi pure il concerto del mio amato Franco Battiato, che si è dimostrato l’artista serio che è (lui è così lontano da tutto questo clima godereccio romagnolo un po’ volgarotto che temevo non si impegnasse tanto… invece è stato grande!). Non riesco neanche a scrivere perché sono stanchissima e devo riprendere il treno, ma ogni tanto aggiornerò con qualche post divertente (perché ne ho di cose che son successe!) e nel frattempo vi saluto con affetto. Buone vacanze a chi ci va e buona estate a tutti!

P.S.: non ho idea del perché il mio povero post sulla nuova casa sia sparito… comunque grazie per le vostre risposte, grazie Masso per la dedica (canzone dolce e azzeccata!) e Marcello, crepi il lupo e auguro lo stesso a te.


Segnalazioni

In questi giorni non ho un minuto libero per aggiornare il blog, riesco giusto a leggere i vostri, amici. Quindi per ora mi limito a segnalare una bella iniziativa che alcuni di voi conoscono già, e cioè l’aula virtuale di Flaviablog. In cosa consiste? Semplice: chiunque voglia raccontare un suo ricordo di scuola potrà inviarlo a Flavia che lo pubblicherà sul suo blog (trovate tutte le informazioni qui). Non è un concorso e non bisogna essere Scrittori: a scuola ci siamo andati tutti e di ricordi ne abbiamo tanti, basta avere voglia di raccontarli, con lo stile e il tono che si preferisce (ho partecipato anch’io con un mio ricordo del primo giorno di scuola). Dato che tra i miei amici blogger ci sono persone che amano raccontarsi, e lo fanno molto bene, fateci un pensierino, anche perché Flavia è gentile e ospitale. Finora sono stati pubblicati otto racconti e la cosa bella è che, data la diversità di età, carattere ed esperienze degli autori, si salta nel tempo, si esplorano prospettive diverse, si imparano cose nuove e non ci si annoia proprio. Quindi, scrivete e/o leggete!

E se ci prendete gusto a scrivere, potete partecipare pure a Domino, iniziativa di Laura e Lory: racconti a catena, in cui la frase finale del racconto precedente diventa l’incipit del racconto successivo (io qui sono solo lettrice).

Buona lettura e – se vi va – scrittura.

Aggiornamento!: proprio oggi è stato pubblicato il ricordo di Melchisedec. Cliccate assolutamente qui e preparatevi a una forte emozione.


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Grosso e nero come un macigno perché oggi (ho finito un’ora fa) ho dato il penultimo esame e domani darò l’ultimo. Solo che studierò tutta la notte, penso, quindi non so se ci arriverò! Credo che il mio cervellino stia per salutarmi…
Comunque la domanda di oggi è: come facevo a scrivere anche per cinque ore di seguito quando andavo a scuola?! Ho scritto a penna per due ore consecutive e non sento più la mano.
Be’, questo era un post di sfogo e di servizio… non ho tempo, torno a studiare!


libro in cielo

Ciao, Maria Strofa.

Grazie per i libri che mi hai consigliato e gli autori che mi hai fatto scoprire, per avermi fatto ridere e pensare con i tuoi post, perché eri generoso con la tua genialità.
Fino all’ultimo ho sperato che fosse solo un tuo scherzo (ne saresti stato capace!)…

(Qui il ricordo scritto dalla sua amatissima figlia Serena)


Ci sono…

Che fatica. Mi sento stretta in un tunnel del quale però comincio a vedere abbastanza chiaramente, benché da lontano, l’uscita: quel piccolo puntino luminoso che pian piano – se procedo – si allargherà, si farà più caldo e splendente fino a che, raggiuntolo e passata oltre, tutto il percorso precedente mi sembrerà di colpo lontano e non poi così terribile e potrò fermarmi un po’ a respirare godendo di un attimo di orgoglioso compiacimento. Questa immagine mi sta tenendo in vita perché sono stanca… stancastanca. Però felice della mia vita, s’intende.
Non ho neanche la forza di scrivere. Volevo solo dire che sto benino anche se ho poco tempo per i blog…

Buona settimana a chi passa di qui!


Thinking blog award

thinkingbloggerL’amica Caterina mi ha nominata tra i cinque blog che la fanno pensare (grazie!). Ora tocca a me indicare altri cinque blog. Sono ben più di cinque i blog che leggo e mi fanno pensare (a partire da quello della stessa Caterina) ma alcuni per fortuna sono già stati nominati e io tengo a segnalare questi cinque, che visito ogni giorno e che sì, mi stimolano la mente…

 
Girliegirl (Alice): mi piace moltissimo il suo modo di raccontare: generoso e ironico, leggero e saggio. Attenzione: può creare dipendenza!

Diego D’andrea: come gli ho scritto una volta in un commento, quando ho bisogno di parole civili, sensate e pensate, anche su temi “caldi”, da lui le trovo sempre. E non solo: che parli di argomenti personali, di letture, politica o che posti i suoi racconti, sensibilità, simpatia e anticonformismo (non di maniera) non mancano mai. Anche i commenti ai suoi post sono sempre interessanti, e il “padrone di casa” è accogliente e spiritoso.

La pietra d’acqua (Paolo Ferrucci): è un blog ricco di spunti e approfondimenti interessanti, in varie direzioni. Paolo si prende tutto il tempo per trattare i vari argomenti, anche usando più post collegati tra loro, e questo mi piace molto, ci sono tanti fili da seguire e ognuno può trovare il suo o gustarseli tutti. Inoltre le riflessioni personali sono alternate a citazioni da saggi o romanzi di diversi autori, mai proposte in modo freddo o serioso ma sempre con calore, delicatezza e sensibilità.

Passoscuro: un blog ben scritto, spiritoso e arguto; mi piace molto lo stile dell’autore: fa ridere, fa riflettere, è un po’ cinico, è un grande osservatore, è molto colto ma non si prende troppo sul serio.

Maria Strofa: altri l’avranno già citato, ma non posso non nominarlo anch’io, dato che è tra i miei preferiti. È un blog da sfogliare e da leggere, senza limitarsi al post del giorno, anzi… pescate a caso e non resterete delusi!

 
Ecco. Voglio però segnalare un sesto blog, che non ho inserito nella lista solo perché non viene più aggiornato da mesi; eppure mi è rimasto nel cuore e vi consiglio di darci un’occhiata perché adoro la scrittura dell’autore, simpaticissimo, e contiene dei racconti scritti splendidamente. È il blog di neoscapigliato; quanto vorrei poterci leggere qualcosa di nuovo, ma mi accontento di quello che comunque c’è!

Spero di avere incuriosito chi non conosceva già questi blog.

Bene, le regolette della catena, valide per chi è stato nominato, sono le seguenti:

1. partecipare solo se si è stati nominati (e se si ha voglia, tempo, ispirazione, aggiungo io che non sopportole costrizioni inutili)

2. citare questo link (che rimanda al blog inglese da cui la catena è partita)

3. inserire nel vostro post il logo del Thinking blog award

4. indicare, per l’appunto, i 5 blog che vi stimolano maggiormente il pensiero.


Buon anno nuovo :-)

Auguri di buon anno nuovo a voi, amici, e a chi passa di qui. E ricordiamoci che in fondo ogni giorno inizia un nuovo anno, quindi non carichiamo questo 2008 di troppe aspettative e non deprimiamoci troppo se non riusciamo subito a realizzare quei luccicanti buoni propositi che alcuni di noi (io no) magari si sono riproposti.

Il mio augurio è semplicemente di riuscire a trovare in ogni giorno un piccolo o grande significato, una scintilla di interesse, un po’ d’amore, un motivo di esistere, anche quando l’assurdo, il dolore o semplicemente la noia sembrano chiuderci ogni orizzonte.
(Adesso, rileggendolo, mi rendo conto che suona un po’ triste come augurio ma le intenzioni  sono buone…).

E ora, a festeggiare!
Ho preparato un dolce, cosa che accade forse una o al massimo due volte l’anno, dato che la cucina non è il mio forte. È l’unico che so fare e la mia fortuna è che, siccome piace, gli amici mi chiedono sempre quello in particolare, non sapendo che non ne so comunque fare altri. Ecco, un proposito per l’anno nuovo sarà: imparare a cucinare almeno un secondo dolce… eh eh!

Auguri!

Non tutte le cose insensate non hanno un senso

Mi fa sempre una certa impressione vedere persone che fanno jogging in strade molto trafficate (per esempio sulla via Emilia, su marciapiedi stretti, schivando cassonetti della spazzatura e mamme con passeggini). Non mi sembra molto salutare respirare freneticamente tutto quello smog. Mi sembra quasi più sano starsene in panciolle su una poltrona; magari non dimagrisci ma risparmi i polmoni. Quando poi passeggio nel grande parco vicino a casa, regno di tutti i joggers del quartiere, costantemente incalzata dal fiatone e a volte dal rantolio di qualche corridore che sopraggiunge alle mie spalle, magari panciuto e anzianotto, come spesso capita, provo quasi una sofferenza fisica io per loro. Mi immedesimo troppo.

Non mi piace correre, corro solo per troppa felicità o per troppo dolore; di solito quando provo un’emozione molto forte – positiva o negativa – siccome non riesco a parlare mi metto a correre e se qualcuno mi cronometrasse forse scoprirei di battere qualche record…

Vedere queste persone correre mi ricorda quando da ragazzina mi allenavo per la corsa campestre. Ero molto brava, ogni anno partecipavo alle gare e di solito arrivavo sempre, tappa dopo tappa (distrettuali, comunali, provinciali), fino alle gare regionali (piazzamento migliore: prima, medaglia d’oro; una sola volta, però).
Io correvo e vincevo per compiacere mio padre e in parte il mio prof. di educazione fisica, che contavano su di me.

Personalmente mi sembrava assurdo fare tanta fatica per ottenere il poco appetibile titolo di studentessa più veloce della regione Emilia Romagna.

Quando arrivava ottobre sapevo che la tortura avrebbe avuto inizio; la corsa campestre è una gara di resistenza, quindi è proprio molto faticosa. Si corre nell’erba e questo aumenta la fatica, secondo me (magari scientificamente non è vero). Si arriva al traguardo stravolti.

Ma siccome mio padre era un corridore fallito di corsa campestre (a partire da quando io azzardai i primi timidi passi cominciò a raccontarmi, con toni epici, delle sue tremende gare, in cui lui arrivava sempre rigorosamente ultimo – una volta a più di mezzora dal primo – e stremato, ma arrivava) sua figlia doveva almeno provare a riscattarlo. Perciò, a partire da ottobre, io e lui (lui col cronometro in mano) uscivamo da casa, arrivavamo al parco e io cominciavo a correre in tondo per tutto il perimetro del parco, senza scopo (così mi sembrava), con spirito di sacrificio, però quando correndo gli passavo di fianco e magari stavo tenendo un buon tempo e vedevo mio padre sorridere orgoglioso… Dio, che carica mi sentivo dentro, mi sentivo dentro quell’emozione forte che sola, ancora oggi, mi fa correre d’impeto; potevo anche essere stanca ma vedendo mio padre che quasi non si teneva dall’entusiasmo di vedermi correre, acceleravo, non sentivo più niente – né dolore né insensatezza – sentivo chiaramente tutta la mia esistenza concentrarsi in quel sentiero d’erba da percorrere più veloce che potevo fino alla fine.

In gara era lo stesso. Certo, tra il pubblico c’erano i miei compagni che facevano il tifo per me; c’era il mio prof; ma era per mio padre che correvo. Seguivo tutte le sue istruzioni: concentratissima alla partenza, partivo lenta, lasciandomi superare dai corridori più avventati (e inesperti); guardavo solo i miei piedi, senza confrontarmi con nessuno; poi, a partire da metà corsa, gradualmente ma inesorabilmente cominciavo ad accelerare, superando i corridori di prima, già spompati. Poi cominciava la fatica, il fiato corto, la gola che bruciava, fino al momento cruciale in cui mi assaliva la voglia di lasciar perdere, di rallentare, di rassegnarmi. Era lì che vedevo mio padre nella mia mente. E allora mi bruciava il cuore, mi sentivo tutta un’emozione dolorosa salire su nel corpo e partivo veloce, velocissima, per me non esisteva più niente, neanch’io.

Poi vincevo e mi sentivo triste e anche un po’ arrabbiata perché per me era tutto insensato. L’emozione e la convinzione le provavo solo mentre correvo.

Tutta questa bravura nel correre comportò il mio reclutamento forzato anche nelle gare di corsa a ostacoli, ma questa è un’altra storia.

Quest’estate mio padre ha letto dei racconti di McEwan in uno dei quali si parla proprio di una corsa campestre (descritta in termini cruenti perché effettivamente è così, è una fatica che ti stravolge) e del protagonista che si ferma, quando ormai il pubblico se n’è andato (solo i primi trenta contavano qualcosa nella gara e una volta che l’ultimo di loro era arrivato il pubblico cominciava a disperdersi lasciando gli altri a combattere le loro battaglie private), per aspettare l’arrivo dell’ultimo corridore (Aspettavo dieci, quindici, venti minuti in quel campo vasto e desolato […] quando […] improvvisamente distinguevo all’altra estremità del campo una macchia bianca zoppicante che arrancava e misurava piano, coi piedi torpidi sull’erba umida, il suo microdestino di futilità assoluta. […] La piccola macchia amebica lungo la distesa del campo prendeva una forma umana ma la sua meta non cambiava, continuava a barcollare con determinazione nel suo inane sforzo di raggiungere il traguardo.)
Mio padre me ne parlava sorridendo di sé, del suo arrivare sempre ultimo e distrutto, e di come McEwan descrivesse esattamente ciò che si prova, compresa l’apparente assurdità di quel correre, ma io mi commuovo molto quando leggo queste due struggenti paginette, di cui ho citato solo poche frasi.

Anche se nella vita normale finora sono io quella macchia amebica mentre mio padre è vincente, mi dispiace lo stesso per lui. E capisco che quel mio correre insensato non era vano. Proprio come gran parte del nostro vivere, del resto.


Una pausa!

Nelle ultime settimane, tra studio e lavoro, ho avuto ben poco tempo per me. Ho scritto poco anche sul blog, e già quel poco è stata una “conquista”.
Ora, ho appena finito di preparare un piccolo bagaglio… domattina, alle ore 8,37 salirò su un treno che mi porterà nell’amata Milano, dove trascorrerò tre giorni meravigliosi (e non è ottimismo, ma certezza!).

Sono molto felice!

Cari amici, vi auguro una buona domenica e un buon inizio settimana…