Le belle statuine
Pubblicato: 11 gennaio 2013 Archiviato in: attualità, occasioni mancate, politica, tv, uomini al lavoro | Tags: belle statuine, gad lerner, giulia innocenzi, luisella costamagna, quote rosa 7 commentiIeri sera ho ceduto anch’io alla moda e ho guardato Berlu su La7, in teoria ospitato da Santoro anche se a dire il vero il conduttore e regista della trasmissione è risultato essere Berlu in persona. Non ho visto niente che non mi aspettassi di vedere, poiché da anni sostengo che Michele Santoro è più berlusconiano di Berlusconi stesso: nello stile, nel narcisismo, nella vanità, nella megalomania, nella fuffa che lo contraddistingue. La differenza è che Berlu rispetto a lui riesce a risultare più sincero, diretto e simpatico.
Dunque il programma si è rivelato un lungo monologo del nostro Berlu, più brillante che mai, intervallato da scherzi e battute tra maschi e agevolato da efficaci volate lanciate dal conduttore/spalla a Berlu, delle quali tra l’altro lui non aveva neanche bisogno.
Quello che mi ha colpita è stato altro. Mentre questi uomini se la ridevano e se la cantavano virilmente tra loro, apparivano in studio due belle statuine: bionde, ben vestite e sedute composte sulle loro sedie, con le gambe accavallate strette strette come si conviene alle donne serie in tv per distinguersi da quelle poco serie (veline & C.) che invece le gambe le possono tenere come pare a loro e sicuramente stanno più comode.
Trattavasi di Luisella Costamagna e Giulia Innocenzi (la prima l’ho riconosciuta, della seconda ho cercato il nome per metterlo in questo post perché non so chi sia ma suppongo una “giornalista”). Cosa facevano queste due signore, in mezzo ai suddetti frizzi e lazzi da bar sport? Tacevano. E si procuravano una forte tensione al collo tendendone tutti i nervi per ostentare – non potendo dimostrarla a parole – la loro intelligenza attraverso uno sguardo che fosse il più possibile determinato e ficcante. Ma il loro viso è stato inquadrato solo di sfuggita rendendo pertanto inutile il torcicollo che le starà affliggendo in queste ore.
Le due, nei pochi secondi in cui è stata loro concessa la parola, hanno mostrato di essere preparate e di avere intenzioni ben più serie e bellicose (in senso giornalistico) del conduttore gigione; ma non sono riuscite a portare avanti uno straccio di dialogo in quanto costantemente interrotte e corrette dal gatto Michele e dalla volpe Silvio. I due compari le interrompevano, è vero; ma le due non sono mai state capaci di farsi valere e prendere la parola o almeno portare a termine un discorso cominciato.
Perciò, cara Luisella: tu che sei una giornalista, una professionista anche di una certa età e ti senti certamente una spanna superiore a molte altre donne, perché accetti questo trattamento? Hai provato a emanciparti l’anno scorso con un programma tuo su rai 3; presumo che sia andato male dal punto di vista degli ascolti e che per questo tu sia tornata all’ovile. Ma ti posso dire che mi sembra più padrona di sé una lobotomizzata de “La pupa e il secchione” rispetto a una bella statuina intelligente ma muta nello studio di Santoro. Insomma mi dispiace per te e per tutte quelle donne intelligenti, professioniste, che in certi programmi tv politici/culturali sono usate (e si lasciano usare) solo per fare scenografia e servono come “quota rosa” ma si vede benissimo che vengono mal sopportate ed emarginate. L’unico che si salva – sia nell’atteggiamento verso le donne sia nel saper tenere testa a Berlusconi – è Gad Lerner (sempre onore a Gad). Ovviamente è appena stato silurato per lasciare spazio al più conformista Formigli.
Il fatto è che nella vita normale non vedo donne messe a tacere come accade nei talk televisivi o in certi contesti politici (anche di sinistra). Quindi la domanda che resterà senza risposta è: perché??? Perché accettate di fare le belle statuine, le brave bambine composte? E la pongo anche considerando il fatto che io in teoria sarei favorevole alle quote rosa (temporanee) ma se poi le donne in quota arrivano nei posti che contano (in parlamento, nei consigli d’amministrazione ecc.) ma non sanno farsi rispettare (a meno di non trasformarsi in uomini, e anche questo è non farsi rispettare), mi sa di fregatura.
Giornalismo “scaramantico”
Pubblicato: 15 gennaio 2012 Archiviato in: attualità, genialate, orrore, tv | Tags: scaramanzia, tg 11 commentiOgni giorno ho sempre più motivi per disprezzare la maggior parte di quella che viene spacciata come “informazione giornalistica”; la giudico spesso inattendibile, sensazionalistica, ideologica e approssimativa, cioè ben poco affidabile. E poi arriva la goccia che fa esplodere (altro che traboccare) il vaso. E dato che possiedo un blog, la voglio proprio segnalare qui. Ieri sera, durante l’edizione del tg 2 delle 20,30, nel bel mezzo dell’inspiegabile tragedia che è accaduta nel nostro mare, è andato in onda questo schifo (se qualcuno ha una definizione migliore la proponga pure) che trovate a questo link (sì, mi sono pure presa la briga di cercarlo); quella che trovo peggiore è la conclusione:
Mi chiedo: che cos’è questo “servizio”? È un’informazione? È qualcosa di utile? Di sensato? Di logico? Di rispettoso della situazione?
Allora, in un paese del cavolo – quello in cui viviamo – in cui la gente si indebita e va in rovina perché crede nelle maghe (Wanna Marchi docet); in cui l’oroscopo campeggia ovunque; in cui se ti scappa un “Auguri” rivolto in perfetta buona fede a qualcuno che deve affrontare una prova rischi di venire sbranata perché devi pronunciare quella cosa assurda che è “In bocca al lupo”; in cui non puoi mai proferire qualcosa di ottimistico perché se no allo scaramantico di turno (cioè il 90% delle persone che ti circondano) viene una crisi isterica e quindi non puoi dire – per es. in previsione di un evento che stai organizzando – cose tipo: “Vedrai che ci sarà il sole!” o “Non vedo l’ora di festeggiare il nostro successo”, guai!, ma devi sempre intristirti e al massimo sospirare un “Mah… speriamo” andando contro la tua natura che ti porterebbe invece a urlare continuamente ai quattro venti che andrà tutto OK e che la vita è meravigliosa; insomma in un paese popolato da gente piena di fissazioni strane e antiscientifiche vai a proporre nel bel mezzo di una tragedia un servizio che vuole essere “curioso” (e allora è fuori luogo) e che molti invece scambiano per “informazione”, dato il contenitore nel quale viene proposto (è all’interno di un telegiornale, non di Voyager)? A questo punto voglio essere assunta al telegiornale, tanto peggio di questo Gabriele Lo Bello e Irene Greco (autori del “servizio”) non posso fare.
Andiamo pure avanti così, che è proprio un piacere pagare il canone.
P.S.: io torno al mio Gene… e a breve posterò le mie “recensioni ilariesche” sui vari film visti, alcuni veramente strepitosi!
Io, Gene e la nefasta Nuvola Grigia
Pubblicato: 8 gennaio 2012 Archiviato in: cinema, orrore, paura, tv, uomini al lavoro | Tags: film, gene hackman 9 commenti
I love You, Gene
(il testo della canzone dedicata al mitico Gene lo trovate qui)
E dire che miriadi di sociologi e massmediologi ci avvertono da anni: la tv fa male. Ma noi continuiamo ad accenderla. Poi non lamentiamoci se ci vengono i traumi. Al limite sfoghiamoci con un post! Ebbene sì: stanotte ho passato una notte d’inferno per colpa di una tal Roberta Petrelluzzi, di cui fino a ieri sera non conoscevo neanche l’esistenza.
Ma procediamo con ordine: il 2 gennaio mi sono innamorata di Gene Hackman. Non è che prima non lo conoscessi, ovvio; ma non mi era mai scattata la scintilla. Per me, era un attore come tanti (sciocca e cieca che non ero altro; come ho potuto?!). Ma il 2 gennaio, appunto, ho preso in biblioteca uno dei pochi film di Woody Allen (che è il mio Mito Assoluto in campo cinematografico e non) che ancora non avevo visto: “Un’altra donna”; e in questo film ci sono un paio di scene d’amore – due semplici baci sulla bocca, niente di hard – anche abbastanza rapide, con Gene Hackman e Gena Rowlands.
E così, mentre Gene baciava Gena – la quale, probabilmente già sotto l’influsso di Santa Cunegonda, osava resistergli perché doveva sposare un altro tipo, cosa di cui si sarebbe poi largamente pentita e allora, ma troppo tardi!, avrebbe rimpianto aspramente il buon Gene –, sì insomma, mentre Gene baciava Gena che gli resisteva, sono caduta innamorata io. Perdutamente.
Pertanto, da brava monomaniaca seriale quale sono, il passo successivo è stato fiondarmi – in preda ai languori ma anche a quella rigorosa e scientifica determinazione che comunque mi pertiene – su internet e, attraverso il sempre-sia-lodato catalogo Opac, individuare tutti i vhs/dvd con Gene Hackman presenti in tutte le biblioteche di Bologna e provincia. Dopodiché, montata in sella al mio fedele destriero e del tutto incurante delle incombenze cui avrei dovuto dedicarmi (del tipo leggere tre o quattro libri e impostare una ricerca importante cui devo lavorare), ho setacciato tutte le suddette biblioteche procurandomi buona parte del bottino ambìto che tuttora troneggia disposto in totemica pila sul tavolo del mio salotto. Ed è così partito il “ciclo Gene Hackman”: ogni sera un film. Ogni sera, dal 3 gennaio, dopo avere assolto durante il giorno ai miei doveri e dopo avere cenato, io mi spalmo comodamente sul mio divano, inserisco un dvd, spengo le luci in sala e mi godo due ore di Gene Hackman, passando imperturbabile da capolavori del cinema a filmetti di pura cassetta come se niente fosse; l’importante è che ci sia Gene.
Ieri sera era la volta de Il braccio violento della legge, bel film, soprattutto se vi piacciono gli inseguimenti-con-sparatorie-nella-Città-Violenta lunghi anche una ventina di minuti (a me piacciono parecchio, soprattutto se c’è un senso dietro) e i poliziotti tipo ispettore Callahan (qui in una variante ancor più sul tipo del dannatamente perduto), quelli che sembrano gli unici dotati di pistola & senso della giustizia – pur vissuto in modo ossessivo-compulsivo – nel bel mezzo di una melma anomica immane e senza confini costituita da tutti-gli-altri, dotati solo di pistola. Bel film, dicevo, ma adattamento italiano schifoso; due esempi tra tutti: invece di dire “Tu sei del Bronx” dicono “di Bronx” – più volte –, come se “Bronx” fosse un paese e non una circoscrizione di New York (nel 1971 qui nella provincia Italia non si sapeva cosa fosse il Bronx?). E il personaggio di Gene, che in lingua originale viene soprannominato nel film “Popeye”, nella versione italiana è chiamato “papà”. Cioè vi rendete conto? Da “Popeye” a “papà”! Ma che senso ha? Di solito, quando mi accorgo di tali scempi, metto il dvd in lingua originale con i sottotitoli italiani se solo in originale non riesco a seguire bene; ma questa era una videocassetta, quindi mi son tenuta l’adattamento pessimo.
Ma io non volevo scrivere un post su Gene Hackman. Io volevo dire che ieri sera quando il film è finito e stavo aspettando che la videocassetta si riavvolgesse, nel frattempo era rimasta la tv accesa, che era casualmente impostata su rai tre. E io – che quando finisco di vedere un film mi sento sempre un po’ stranita, un po’ in una dimensione a metà tra quella del film in cui ero calata e quella della dura realtà in cui vivo e a cui lentamente mi tocca tornare – me ne stavo lì sul divano ad aspettare la fine di questo riavvolgimento del vhs e non mi accorgevo bene delle immagini che nel frattempo mi passavano davanti sullo schermo; stavo ripensando infatti a quel tipo che nel film aveva ucciso un sacco di gente a caso e del tutto inutilmente perché poi Gene lo aveva raggiunto e giustiziato; e mi dolevo per queste morti inutili (tra cui una giovane mamma con passeggino) benché fossero solo comparse in un film; finché in questa nube filmica in cui restavo immersa hanno cominciato a trapelare le voci della realtà, nella fattispecie quella di una signora di una certa età e dai capelli a forma di nuvola grigia che vedresti bene a giocare a burraco con le amiche sorseggiando un tè e da cui mai ti aspetteresti invece di udire cose tipo: “Cadaveri dei genitori messi in due sacchi della spazzatura” né ti aspetteresti di vederti lampeggiare davanti agli occhi così, a tradimento, le fotografie di questi due sacchi con dentro due persone – due genitori – e subito dopo il primo piano del figlio ventenne sospettato di averli uccisi e inquadrato mentre è sotto processo. E la cosa sconvolgente è che, come in una sorta di reality giudiziario (della serie Il Grande Processo), veniva trasmesso il processo a questo ragazzo in una regolare aula di tribunale, solo che ogni volta che l’imputato o i vari testimoni, interrogati, pronunciavano la parola “sacchi della spazzatura”, il regista staccava e ti mandava in onda a mo’ di flash quei due sacchi della spazzatura con dentro due genitori, posizionati sul pavimento verde di una camera da letto ordinatissima. Ho cambiato subito canale a caso e i miei occhi sono stati aggrediti dagli sbrilluccichii di Milly Carlucci circondata da presunte Stelle ballerine. Ma Milly con la sua vocina ciarliera e squillante non è riuscita a tranquillizzarmi né l’orchestra che suonava la samba. Continuavo a vedere nel mio cervello quei due sacchi, alternati agli occhiali da vista del ragazzo presunto assassino, e al suo sguardo.
Andare a letto è stato un dramma… mi sono tornate tutte le paure che avevo da piccola e anche più avanti quando mi trovavo da sola in casa; ed era un’ora troppo tarda per chiamare qualcuno al telefono. Da un momento all’altro mi aspettavo di trovarmi davanti i fantasmi invendicati di quei due genitori, arrabbiati con me perché li avevo oltraggiati guardandoli in tv. In pratica ho tenuto accese tutte le luci e la radio mentre mi lavavo i denti e mi preparavo e poi, al momento di infilarmi nel letto, ho spento le luci e fatto una corsa sbattendo contro ogni spigolo come non mi succedeva più da tanto tempo. Lo sapevo che era irrazionale – non sono completamente folle – ma a me di notte la razionalità cade un po’. Di giorno sono coraggiosissima!
Ma dai, cretina! – mi dicevo – È da almeno tre sere che non fai altro che vedere morti ammazzati in tutte le salse; solo stasera ne hai visti a decine; ieri sera hai assistito a torture e alla distruzione di intere baracche di neri ammazzati nel Mississippi e la sera prima hai assistito ad altri brutali omicidi nel Pentagono e hai dormito sonni tranquillissimi, sereni e innamorati. Ora perché hai visto due sacchi della spazzatura con dentro due cadaveri devi farti venire tutto ‘sto patema che neanche a cinque anni d’età…?
Eh sì, sì. Tutti quei morti ammazzati nei film sono finzione; mentre quei due sacchi sono realtà. Inoltre la mancanza di rispetto con la quale quei due poveri genitori sono stati sbattuti (con fotografia di quando erano vivi – oltre che di quando erano morti –, nome, cognome, indirizzo e biografie) alla mercè di tutti in seconda serata per me è violenza pura, totale, incomprensibile (non capisco davvero che senso e utilità possa avere quella morbosa trasmissione, si chiama “Un giorno in pretura”). Ho anche pensato che ho passato l’adolescenza e non solo quella a guardare e leggere film e fumetti horror ma gli unici incubi che ho avuto e che ho sono quelli procuratimi dai telegiornali (dopo l’11 settembre ho sognato incendi per un mese, per non parlare di teste decapitate o degli incubi dopo le stragi compiute da psicopatici tipo Casseri).
E poi c’è chi condanna i film violenti. Ma datemi Gene Hackman e la Città Violenta tutta la vita, piuttosto!
[E d’ora in poi quando guardo un film, tv sempre impostata su Boing o rai Yo Yo, così non corro pericoli di traumi una volta spento il videoregistratore/lettore dvd!]
Il cimelio imbronciato
Pubblicato: 16 dicembre 2011 Archiviato in: calamità ilariesche, casa nuova, figuracce, tv 12 commentiDue anni fa, proprio nel periodo in cui sia io sia mio cugino di Milano stavamo mettendo su casa partendo da zero, mia nonna, malata da tempo, è morta. Questo ha fatto sì che, anziché doverci indebitare per arredare le rispettive case con mobili dell’Ikea (be’, parecchia Ikea in casa mia c’è lo stesso, eh?), io e mio cugino ci siamo divisi equamente i mobili e gli elettrodomestici di nostra nonna, con grande commozione perché era come se la nonna – che era una di quelle classiche nonne (e donne) che vivono tutta la loro vita nel dono inesausto di sé alla famiglia – fino alla fine e anche oltre si fosse preoccupata di farci un ultimo dono, e proprio mentre ci apprestavamo a involarci verso una fase così importante nella nostra vita: la nostra indipendenza, l’uscita dalla casa di famiglia e l’inizio di una nuova vita con le nostre ali. Per me, ritrovarmi io nella mia casa tutta nuova, attorniata dai mobili della nonna che mi trasmettevano tutti i ricordi dell’infanzia e del suo amore sicuro, è stato come sentirmi accompagnata da lei in quella mia nuova vita sconosciuta.
E fin qui, la poesia.
Venendo alla prosa, tra le cose da me ereditate c’è il vecchio televisore della nonna, un Panasonic bello grande che a casa di nonna e prozia aveva sempre svolto il suo onorato servizio ma che, poco dopo essere approdato in casa mia – cioè esattamente dopo che avevo rischiato di perdere il senno per riuscire a collegargli il decoder del malefico digitale terrestre, il lettore dvd e il videoregistratore (sì, non toglietemi il caro vecchio vhs!) lanciando anche appelli disperati da questo blog – ha deciso di manifestare la sua nostalgia per la vecchia casa e la sua ribellione verso la sua nuova proprietaria incurvando entrambi i lati dello schermo verso il centro in un broncio perenne, questo:
Dopo avere pazientato parecchi giorni per vedere se tornava normale, pur empatizzando con le ragioni della sua ostilità ho fatto quel che si deve fare di fronte alla ribellione di un elettrodomestico e cioè ho chiamato il Tecnico. Il giorno stabilito, ben due tecnici sono saliti a piedi fino al mio appartamento al terzo piano, col loro carrellino porta-tv e la faccia seria. Alla loro richiesta di accendere il televisore per verificare il problema (che avevo già descritto ampiamente a voce, sottolineando come quella fosse una condizione costante: da quando aveva messo quel broncio non lo aveva mai mai sospeso neppure per un attimo), l’ho acceso e ovviamente cosa credete che sia successo? Quello gnorri del mio televisore, sotto lo sguardo dei due tecnici, ha sfoggiato un aspetto ineccepibile, le immagini si vedevano a schermo pieno e senza l’ombra di una curvatura o un cedimento. Nonostante io abbia insistito nello spegnerlo e riaccenderlo più volte, quello è rimasto saldo nella sua imperturbabilità, mentre i tecnici cominciavano a sospettare che fossi io a non essere tanto a posto.
– Be’, signorina… dovremmo portarlo in negozio, facendo tutti questi piani di scale a piedi, aprirlo e vedere se c’è un guasto, e non sembra che ci sia… ma in ogni caso le verrebbe a costare sugli 80 euro. A questo punto, già che c’è, le converrebbe acquistare un televisore nuovo, di quelli a schermo piatto, col digitale integrato… con blablabla –
Mentre parlavano, tante rotelline frullavano nella mia testa: 80 euro è troppo per me che la tv la guardo pochissimo… comprarne uno nuovo non se ne parla proprio… e poi il mio videoregistratore dopo dove lo attacco? E poi, dopo tutta la fatica fatta per collegare il decoder, rismontare tutto… NONONO!
E così, i due tecnici se ne sono tornati in negozio col loro carrellino vuoto e, inutile dirlo, non appena ho sentito sbattere il portone del condominio dopo la loro uscita, i lati dello schermo del mio tv sono tornati curvi verso il centro e da lì non si sono più mossi.
– E va bene, vecchio testardo, l’hai avuta vinta tu! –, ho dovuto riconoscergli.
E così da un anno e mezzo, io vedo la tv con questi due bordi incurvati verso il centro, che lasciano vuoto questo spazio nero ai lati e che deformano anche un po’ le immagini sullo schermo, per es. i volti risultano allungati. Mi ci sono così abituata che l’altra sera, quando ero a cena dai miei genitori e guardavo la loro tv accesa, continuavo a pensare: Ma questa tv non funziona bene; Carlo Conti è più lungo e magro di così; c’è qualcosa che non va. Fino a che non mi sono resa conto che la loro tv funziona benissimo, è la mia che è sbagliata. Quando definitivamente morirà e arriverà il momento di cambiarla sul serio, sarà dura riabituarsi alla tv come la vedono tutti!
NOOOOOOOOO!!!!!!!
Pubblicato: 13 febbraio 2010 Archiviato in: crudeltà, desperate housewife, tv 10 commenti
È vero che l’ultima puntata si era conclusa con la suddetta Edie che giaceva per strada fulminata da un cavo della luce in una pozza di benzina e con una contusione cranica, ma è anche vero che nella scorsa stagione si era impiccata per sbaglio e nonostante la mancanza di ossigeno e il collo torto, dopo un po’ di degenza ospedaliera era tornata più smagliante che mai; non succede sempre così, nei telefilm e nelle soap? Un po’ d’ospedale, magari anche un po’ di coma, poi esci come nuovo. E invece Edie c’è rimasta secca, e definitivamente. Le altre casalinghe hanno diligentemente cosparso le sue ceneri in tutto il quartiere: un po’ nei loro giardini, un pochino sulle rose a lato della strada, poi sulla veranda dove chiacchieravano prendendo un tè, così, per averla vicina. E poi tutto è continuato come se niente fosse. Ma a me Edie mancherà tantissimo. Uffi! Lei era uno dei motivi per cui amavo/amo le Desperate Housewives… be’, è la prima volta che mi affeziono così tanto a un personaggio di fiction, bravi gli sceneggiatori ma cattivi e crudeli. Fine dello sfogo.
Buoni propositi
Pubblicato: 27 gennaio 2010 Archiviato in: tv, umorismo 16 commenti
Io voglio diventare come quelli del Grande Fratello, che sono molto rapidi e quasi animaleschi negli innamoramenti. Per esempio, uno entra in una casa piena di gente e di telecamere, e trova subito almeno un’altra persona con cui accoppiarsi immediatamente, e si dicono tante importanti parole d’amore, parole anche di un notevole peso, come per esempio: “Mi vuoi sposare?”. Poi magari dopo sette giorni in effetti subentra la routine, e allora i due, oppressi da questa routine, si lasciano, si guardano intorno e trovano subito un altro/a a cui appiccicarsi e ripetere le medesime parole d’amore. E in uno spazio così circoscritto, poi! Io li invidio, perché io invece ho l’innamoramento lento, e prima di cadere innamorata devo prima conoscere bene la persona, poi stare bene attenta se la cosa mi desta qualche sommovimento interiore, poi tra il capirlo, il dirlo apertamente, il mettersi insieme e il procedere oltre, ci vuole un po’ di tempo. Invece ho notato che quelli del Grande Fratello (e anche molti loro simili che non vivono in tv) per esempio, invertono anche un po’ le cose: per esempio, prima dormono con una persona, poi dopo magari un mese che hanno questa intimità fisica direi parecchio profonda sono ancora lì che dicono: forse mi sto innamorando. Come “forse mi sto innamorando”? Io avevo sempre creduto che bisognasse saperlo prima!
Infausta notizia
Pubblicato: 24 novembre 2009 Archiviato in: il malefico digitale terrestre, papi, tv | Tags: umarells 10 commentiSu “La repubblica” di domenica ho letto la lettera di un signore che si lamentava del fatto che, con il malefico digitale terrestre, il televideo rai è praticamente dimezzato, snaturato e privo di ogni attrattiva. Quella misteriosa attrattiva che – non so se lo avete notato – avvince in particolare gli esemplari maschili del genere umano, ipnotizzandoli in lunghe sedute davanti alla tv, magari con audio azzerato, intenti a leggere minuziosamente le ultime notizie, le preziose informazioni meteo, i risultati sportivi e financo l’elenco delle farmacie di turno la domenica (anche se è lunedì e non devono acquistare medicine). Mio padre è uno di questi. Lui, che non guarda mai la tv tranne il canonico tg all’ora dei pasti, e che usa quotidianamente internet, è capace di passare mezzore col telecomando in mano davanti all’oracolo televideo. Pensavo fosse una stranezza sua; invece qualche tempo fa, parlando con amiche, è emerso che non sono pochi gli uomini di ogni età che subiscono la fascinazione di tale mezzo. Perciò non mi stupisco che l’autore dell’accorata lettera a “La Repubblica” sia un uomo. E ora chi glielo dice al mio papi che tra un po’ dovrà trovare un altro modo per rilassarsi?
Hai toppato
Pubblicato: 29 settembre 2009 Archiviato in: musica, occasioni mancate, tv | Tags: radiohead 15 commentiChi mi conosce sa che seguo Gad Lerner da quando ero ragazzina e lui era ancora alla Rai, non solo lo considero uno dei pochi giornalisti decenti nel nostro Paese ma mi piace perfino fisicamente, che ci posso fare, non ho mai appeso poster di sex symbol nella mia stanza ma se dovessi appenderne uno appenderei il suo!
Però, caro Gad, mi spiace ma ieri sera hai toppato!
Non so se avete visto la puntata de L’infedele di ieri sera, io sì e mi è venuta una depressione istantanea ma anche uno sgomento. Anche un pochino di “rabbia”, ma su due fronti:
1. il fronte “oche decerebrate” ospiti della trasmissione: una parlamentare del pdl (che ha esordito informandoci con sdegno che Friedrich Engels ebbe a dire nel lontano 1840 che se avesse avuto tanti soldi li avrebbe spesi tutti in prostitute francesi e ha proseguito difendendo la virilità del nostro pres. del cons. al grido – non sto inventando – di: “E meno male che esercita la sua virilità, è un uomo sano!”) e una militante dei circoli “politici” (che non sapevo neanche esistessero) che si chiamano: “Meno male che Silvio c’è”, il cui contributo alla trasmissione è consistito nel suggerire a Gad di tingersi i capelli e farsi un trapianto perché è pur sempre un “personaggio televisivo” e così sembra più vecchio di Berlusconi che invece sembra giovanissimo (evviva la gioventù).
2. il fronte autori della trasmissione (è con loro che ce l’ho, più che con le oche): dai, lo sappiamo tutti che votare a destra non significa essere cretini, quindi perché invitare due cretine in trasmissione? Dato che il tema della puntata (l’uso che si fa del corpo delle donne in tv e nell’immaginario collettivo) voleva essere affrontato sul piano culturale e simbolico, perché non chiamare persone competenti (per esempio la pur citata politologa “di destra” – se proprio volevano fare delle distinzioni politiche che secondo me non c’entravano invece un bel niente – Sofia Ventura) o per lo meno dotate di cervello in funzione? In tal modo invece, a causa delle due isteriche presenti in trasmissione, si è finiti come al solito a parlare di Berlusconi. Possibile che in Italia qualunque dibattito debba sfociare nel pro o contro questo uomo? Poi lo credo che gli vengono le manie di grandezza, verrebbero anche a me per molto meno.
Perciò sono andata a letto meditando sull’attuale nichilismo televisivo ed epocale, poi mi sono svegliata, ho acceso la radio e cosa sento: il nuovo singolo del buon Vasco, la cover di Creep, dei Radiohead. Mi ha preso malissimo, mi è risceso l’umore sotto i tacchi. No, Vasco, io non ci casco! Anche tu… hai toppato!
Lo sai che mi piaci, ho i tuoi dischi, canto le tue canzoni, sono pure venuta ai tuoi concerti, in certi momenti sei stato il mio guru. Ma come si fa a rovinare una splendida canzone di malessere/rivolta esistenziale come Creep con i soliti triti italici versi: “Ma sono qui/amo dirtelo/voglio restare insieme a te” laddove l’etereo Thom Yorke intonava con voce lirica e spezzata dall’angoscia e dalla rabbia: “But I’m a creep, I’m a weirdo/What the hell am I doing here?/I don’t belong here”?! Per di più tale cover ha anche evidenti problemi di metrica oltre che di contenuto, quel brano non è fatto per ospitare abusate frasi d’amore all’italiana.
E vabbe’, capita a tutti di sbagliare, ce ne faremo una ragione. Ma per rimediare, chi non l’abbia ancora visto può guardare lo choccante documentario “Il corpo delle donne” qui. Io l’ho visto la prima volta l’anno scorso e da allora non mi sono più tolta dalla testa il corpo di una ragazza seminuda penzolante come prosciutto tra prosciutti – veri – apparsa su “Scherzi a parte”. Invece per i Radiohead: andate sul loro sito, attaccatevi a You tube, scaricateli o acquistate il cd in negozio, ne vale la pena!
Il conservatore che c’è in me
Pubblicato: 20 gennaio 2009 Archiviato in: tv, umorismo 17 commentiMa io dico: una poveretta che vive la sua vita sepolta in mezzo a quintali di libri, a spremersi le meningi per scrivere cose sensate e correggere bozze non sempre sensate, cerca di curare la sua interiorità e trova pure il modo di coltivare degli hobby, un giorno accende la tv e si trova davanti una certa “Cristina-sesta di seno-del Grande Fratello” che parla del suo seno, e pensa: Va be’, è la tv che è scema. Poi va a controllare la sua posta elettronica e nel portale del sito che la ospita si ritrova nuovamente davanti “Cristina-sesta di seno-del Grande Fratello”, e pensa: Va be’, è Libero che è scemo. Infine stamattina legge il quotidiano “Repubblica” e, fra una tragedia e l’altra, ritrova una foto di “Cristina-sesta di seno-del Grande Fratello”, stavolta mentre fa la doccia. Io sono una che difende sempre le donne a spada tratta, però insomma, si è mai vista una che quando si presenta alla gente, invece di dire come si chiama o cosa fa, dice che taglia di reggiseno porta (a parte che, ragazza mia, non c’è bisogno di specificarlo: si nota)? Che razza di merito è questo?! Anche sul versante maschile non siamo messi bene, comunque: ho fatto in tempo a intravedere un energumeno che di mestiere fa il surfista (è un mestiere?) e però non sa parlare in italiano (né, credo, in altre lingue conosciute).
Devo dire che tutto ciò mi è bastato per farmi un’idea e così, prima di tornare a studiare, mi son spostata un attimo su rete 4, per guardare la fine di Walker Texas Ranger. Ok, lo so, Chuck Norris è un repubblicano guerrafondaio amante delle armi eccetera e il telefilm in sé è noioso, ci sono sempre delle scazzottate che durano un sacco di tempo (cosa che mi ha sempre impedito di riuscire a seguire una puntata per intero!), ma quando mi capita mi collego per vedere il finale: fa lo stesso anche se non ho seguito la puntata e non so cos’è successo, mi piace vedere Walker Texas Ranger (sì, così tuttoattaccato) che, quando ormai ogni speranza sembra svanita e qualche innocente sta per morire, irrompe sulla scena con freddezza e decisione e salva la vittima. Se poi la vittima in questione è la sua fidanzata, mi piace ancora di più. Sarò stupida ma mi fa bene: da un lato, mi fa ridere il fatto che alla fine lui arriva sempre e risolve tutto; poi mi dà sollievo assistere al salvataggio in sé. Mi piace la semplicità dell’eroe che non delude le aspettative. Mi fa venire in mente una delle prime scene di “V for vendetta” (il fumetto), quando c’è Evey, questa dolce ragazzina che sta per essere violentata e uccisa in uno squallido vicolo londinese e improvvisamente arriva V che uccide i due cattivi e la porta via con sé. È stupendo il modo in cui Alan Moore (l’autore) fa intervenire V: ormai sembra tutto perduto e nel buio arriva invece la luce, il salvatore, con quel suo sorriso (fisso, perché indossa una maschera). Questa scena, vista anni fa, mi ha dato un imprinting. Poi di Walker Texas Ranger mi fa ridere anche la sigla d’inizio, questa sigla cantata (dallo stesso Chuck Norris) in stile country, con l’immagine di lui in formato gigante che sovrasta la città minuscola sullo sfondo (dando quell’idea di protezione) con la pistola in mano e l’espressione sicura (più americano di così…). Sarà come dice Stephen King, che in ognuno di noi c’è un conservatore che ogni tanto ha bisogno di essere rassicurato sul fatto che i “buoni” vincono sui “cattivi”; si vede che al conservatore che c’è in me basta il finale di Walker Texas Ranger (ci si accontenta di poco).
Tutto ciò mi fa venire in mente una mia stranezza: sebbene io sia sempre stata un maschiaccio e una personcina indipendente, e perfino un capobanda nell’ormai lontana infanzia, mi ricordo che alle elementari e forse fino in prima media, nel solito tema che ogni tanto periodicamente ci davano, su come immaginavamo il nostro futuro o quali progetti avevamo, io, tra le varie cose (tipo diventare una scrittrice – all’epoca avevo questo insano desiderio – o diventare un’astronauta, altro mio immenso sogno), descrivevo sempre il mio uomo (anzi: marito; ero in quest’ordine di idee) ideale: buono, simpatico, intelligente, gentile, un po’ imbranato, che sapesse imitare il canto del gallo, comprensivo e protettivo (cioè praticamente mio padre). Poi a un certo punto mi son chiesta: ma perché scrivo sempre comprensivo? Cosa sono io, una pazza che ha bisogno di un santo che la “comprenda” e ne tolleri le stranezze? Sì, era proprio così che lo intendevo. Ma… protettivo? Un giorno ci ho pensato su e mi son detta: ma perché protettivo? Da cosa mi dovrebbe proteggere? Sono forse in pericolo? Dopo attenta riflessione, quell’aggettivo (benché mi salisse spontaneo dal profondo) è stato cassato in quanto sintomo troppo manifesto di debolezza in un mondo in cui la fragilità (soprattutto femminile) non va più di moda o viene strumentalizzata, ma credo che in realtà questa strana propensione sopravviva in me e abbia attualmente trovato il suo sfogo momentaneo nella scena finale di Walker Texas Ranger e simili.
Tutti questi sproloqui sulla tv denunciano il fatto che, vivendo temporaneamente in clausura e senza svaghi, tendo ad accendere la tv più spesso del solito, cioè durante la merenda o dopo cena (nelle brevi pause di studio, insomma)… non vedo l’ora di tornare alla normalità.
Qui a sinistra Walker Texas Ranger in versione “Dio con il fucile”: la città è al sicuro, mi sembra evidente!
Infine, voglio ringraziare Melchisedec che ha insignito questo blog del premio kreativ blogger, con una bellissima motivazione. Ci tengo a ringraziarlo qui per la stima che provo per lui e per segnalare il suo blog, uno dei miei preferiti. In base al regolamento del concorso dovrei segnalare altri sette blog che mi piacciono molto ma devo dire che alcuni li ho già segnalati in un’occasione analoga e dovrei ripetermi, altri che avrei voluto segnalare sono stati recentemente chiusi, abbandonati o privatizzati, altri ancora hanno già ricevuto lo stesso premio e infine ultimamente leggo così pochi blog che non ne trovo di nuovi da segnalare. I blog che ho tra i link sono i blog che seguo regolarmente e che secondo me meritano una visita. Uno, però, pur già indicato da Mel, ci tengo a segnalarlo, dato che non l’ho fatto nell’altra occasione, poiché ancora non lo conoscevo: Balsamo di carta scritta, di Flaviablog. Sta per chiudersi in questi giorni la pubblicazione dei racconti sulla scuola che Flavia/Rossana ha raccolto tra vari blogger e non; a me è sembrata un’idea bellissima perché il tema (i ricordi di scuola) ben si prestava a ispirare gli ottimi racconti che in effetti sono stati pubblicati.
NOOOOO!!!
Pubblicato: 19 dicembre 2008 Archiviato in: tv 14 commentiIl declino mentale inizia, inesorabile e irreversibile, a partire dai 30 anni di età!! O_0
Lo ha detto il tg. 😉