«Il giogo degli empi»

Sono sommersa dalle mail di mia sorella, raccontano tutte cose così interessanti che potrebbero riempire un blog apposito.
Ma oggi ho deciso di estrapolare solo un brano, che deve stare da solo, senza confondersi con il resoconto delle gioiose notti di Ramadan o delle temibili poliziotte tanzaniane. Eccolo (siamo a Dar es Salaam):

L’incontro più toccante è stato con una ragazza… O meglio, pensavo fosse una vecchia, che chiedeva la carità fuori dalla Chiesa… Ma aveva un’escoriazione enorme su una gamba, una ferita aperta tutta rossa di sangue e sporca, infetta. Allora mi sono fermata e l’ho guardata meglio. Sì, sembrava una vecchia, ma che le era successo? Mi ha risposto che ha l’ukimwi (l’AIDS)… E’ stato il mio primo incontro ravvicinato con un malato di AIDS, e non sono mai rimasta così impressionata… Sapete quanti anni aveva quella “vecchia”, coi capelli bianchi e il corpo rugoso? Ne aveva 19. Senza più un briciolo di pudore, si è tirata su la maglia per mostrarmi i seni intirizziti, mi ha spiegato poi tra le lacrime che era una prostituta, ha avuto un figlio mzungu (bianco) da uno mzungu del quale ovviamente non conosceva neanche la nazionalità (uno sconosciuto, insomma). Questo a 16 anni. E quel bambino è morto ancora piccolo. Nel frattempo ne ha avuto un altro, l’anno scorso, ancora vivo ma affidato a un’altra madre… E lei è stata ovviamente ripudiata dai familiari, che la lasciano così ai bordi di una strada a pentirsi tutti i giorni, minuto per minuto, del suo passato… Ma di cosa poi? Di non aver avuto altre offerte di lavoro dalla vita, se non la prostituzione?

La cosa più triste è stata che un capannello di persone si è formato attorno alla prostituta e alla ingenua occidentale intenerita… E questi erano più divertiti che non altro, e per di più contro alle mie aspettative (credevo che, sapendomi occidentale e ricca, si aspettassero che elargissi subito grandi somme di denaro, visto che ai wazungu – europei – i soldi sgorgano naturalmente dalle tasche come l’acqua di sorgente…) mi dicevano di lasciarla perdere, mentre io cercavo di ragionare… Lei ovviamente non chiedeva che i soldi per mangiare quel giorno, io pensavo alle suore di madre Teresa, e ho chiesto, se le avessi pagato il taxi e l’avessi accompagnata, se lei poi si sarebbe fatta assistere da loro, insomma, se ci sarebbe poi voluta restare… Prima ha detto di sì e stavo per chiamare il taxi, poi no, poi non si sapeva, poi a un certo punto ha preso e se ne è andata via… Mi spiace perché forse si è creata una situazione sfavorevole, con questa gente che rideva, e forse lei si è vergognata di sentirsi un fenomeno da baraccone e per questo se ne è andata via… Forse avrei dovuto insistere, andarla a cercare, non lo so… So solo che mi sono girata e di fronte a me c’era una fila di altri mendicanti di tutti i tipi, soprattutto bambini che non solo chiedono l’elemosina, ma la chiedono per conto dei loro sfruttatori… Poi entri in chiesa e ti ritrovi in mezzo alla gente più elegante, ancora più elegante del solito, magari la stessa che prima, nel capannello, rideva…
In fondo questo succede anche da noi, magari non ridiamo ma in fondo anche noi viviamo la nostra vita parallela accanto ai poveri della strada, giustificandoci nei modi più disparati, eppure lo facciamo tutti, non si salva nessuno, credo… Allora perché gli africani dovrebbero comportarsi in modo diverso coi poveri più poveri di loro?

Me l’hanno detto in tanti, finora, dei volontari che ho incontrato… se vuoi fare questo lavoro gli ideali te li devi scordare, devi scordarti che basterebbe poco per cambiare il mondo, e guardare solo a quello che tu, nel tuo piccolo, riesci a fare… Eppure non riesco a essere d’accordo con questa visione delle cose…


Dietro a questo episodio, quanti orrori: il turismo sessuale; il problema dei medicinali antiretrovirali che qui da noi permettono a un sieropositivo di vivere senza ammalarsi per decine d’anni mentre in Africa sono troppo costosi e mal distribuiti; l’ignoranza sull’uso del preservativo e la sua scarsa accessibilità; la povertà e lo sfruttamento; il pregiudizio; la mancanza di compassione di chi sta meglio verso chi sta peggio… e altro ancora. E sempre quel senso d’impotenza strisciante, nel convivere con l’ingiustizia senza riuscire a scalfirla.
Poi, come stamattina a messa, tutti in chiesa ad ascoltare il vangelo che parla del ricco che non dà al povero, affamato e coperto di piaghe, neanche le briciole che gli cadono dalla tavola riccamente imbandita…


Alle falde del Kilimangiaro

Mentre per noi, qui, archiviate le vacanze, ricomincia il tran tran quotidiano, ecco qualche altro frammento di viaggio della mia audace sorellina Linda e della sua amica Gaia in terra tanzana. I brani riportati si riferiscono al viaggio picaresco fatto da Dar es Salaam fino alle falde del Kilimangiaro (ebbene sì, proprio quelle). Loro procedevano così: andavano all’avventura, di paese in paese; arrivate in un villaggio, chiedevano a qualcuno se poteva ospitarle per la notte in cambio di un po’ di denaro (nei posti dove non c’erano alberghi ovviamente). Sono sempre state accolte molto bene, finora. Come al solito, i titolini sono miei, il testo è di Linda. È lungo, leggete solo quello che vi va!

I Vitelloni (versione tanzana)

Carissimi cari, quindici minuti per raccontarvi tutti questi giorni è un po’ un caos ma ce la posso fare… Considerate che nell’ultima settimana ogni giorno siamo state in un posto diverso!!!!
Comunque, riprendiamo dal punto dolente… Zanzibar! Molto bello e carino come posto, la pace dei sensi come spiaggia, ma pieno di ragazzi appiccicaticci che sanno anche l’italiano, per forza, con tutti i nostri turisti… Ogni sera ci si appioppava un ragazzo diverso e la mia amica, furbona, dava il numero come se niente fosse, così uno ce lo siamo ritrovato appioppato tutto un giorno… Ci ha raggiunte che eravamo già sul pullman per andare al mare ed è stato con noi tutta la giornata… Solo che dopo, ovviamente, andava in giro dicendo a tutti che Gaia era la sua fidanzata, ops! Però devo  dire che lui mi ha salvata perché proprio quel giorno sono stata malissimo, e lui, carinissimo, mi è stato vicino tutto il tempo e mi ha acccompagnata a casa portandomi addirittura lo zaino ultra-peso… Per dire che alla fine sono sempre comunque così gentili!!! È bello perché ovunque andiamo troviamo qualcuno che ci aiuta, ci accompagna, ci dà indicazioni per evitare che qualcuno ci possa far del male… Insomma troppo bello! Comunque poi mi sono ammalata e tralascio l’agonia che è durata anche per qualche giorno a Dar, con la mia amica che non ne poteva più perché voleva ripartire… Alla fine ce l’ho fatta, o meglio, mi hanno cacciato via perché sappiamo che dopo poco l’ospite puzza, e così mi sono ritrovata in viaggio per Tanga.

Manie di grandezza

A Tanga è stato bellissimo, siamo state a vedere delle grotte famose dove in realta non c’è niente, però gli abitanti del luogo, che buffi, ci hanno fatto vedere come cose meravigliose delle figure che loro e solo loro vedevano nella roccia… Mi spiego, erano delle grotte con stalattiti e stalagmiti e pipistrelli, e a volte le forme della roccia potevano ricordare la forma di certi animali, che ne so: un pollo, un elefante, una giraffa, ovviamente mai un cavallo o un orso… Ovviamente in Africa le grotte devono avere la forma di animali africani!!! Nonché, nientepopodimeno che la forma dell’Africa per due volte, in uno di questi casi addirittura si trattava di una roccia che si era staccata dalla parte superiore ed era caduta a terra, esattamente della forma dell’Africa!!! Che cose mirabolanti e misteriose, ne’!!!

In bicicletta nel deserto

Va be’, comunque la passeggiata è stata carina, in mezzo a una natura bellissima, e i bambini che ci correvano incontro per salutarci, oppure si nascondevano impauriti dietro le gonne delle mamme… “Mzungu bye! Mzungu bye!”: ci salutavano così.
Poi Pangani, un bellissimo mare in un bellissimo verde, per il resto molto piccolo, tranquillo e con poca gente, simpatica, ma il paesaggio che abbiamo visto dal pulmino per arrivarci… Mi è rimasto nel cuore!!! E’  stata una delle gite più belle, insieme alla corsa in bicicletta di Bagamoyo – due ore in bici sotto il sole tra sassi che ti facevano sobbalzare e la sabbia che ti faceva sbandare, sotto un sole rovente e tutto per vedere due rovine di una moschea col suo cimitero, va be’…-

Tutti insieme appassionatamente

Dopo Pangani di nuovo zaino in spalla verso nord, il freddo nord di Arusha, la città ci ha un po’ deluse perché è grigia e non c’è un tubo, ma poi… Siamo partite all’avventura, ma stavolta sempre peggio, sempre più verso l’ignoto… E ci guardavamo e ci dicevamo “che pazze” solo con uno sguardo d’occhi!!! Siamo finite su un dalaldala (pulmino) di una ventina di posti che però era stipato al punto che saremo stati almeno il doppio, e per tutto il tempo ho avuto una signora praticamente seduta, col suo culone (scusate la parola), sul mio fianco destro… mentre Gaia era spiaccicata contro il finestrino… Be’, vi giuro che io un massaggio al fondoschiena così prolungato e sfrenato non l’ho mai ricevuto in nessun altro pulmino… Una strada tutta di sassi e pietruzze, e noi, minuscolo pulmino da 20 stipato all’orlo, andavamo sobbalzando in una landa semi-deserta, la steppa, dove il massimo che si poteva trovare era, ogni tanto, una casupola a funghetto e, immersi in una mandria di bestiame, uno o due pastori masai coi loro drappi lunghi e colorati…

Una figura nella steppa

Poi la tristezza massima, ma anche il fascino massimo, è stato quando in mezzo a questa terra immensa e verdognola si è visto un masai, uno solo, senza mucche, senza niente, che camminava cosi, senza fermarsi e come se fosse la cosa piu normale del mondo, verso il nulla della sua steppa.

Igiene, questa sconosciuta

Insomma è stato un viaggio emozionante, a un certo punto mi sono addirittura vista Gaia schizzar via dal finestrino, perché era impossibile raggiungere la porta, e tutto per riuscire a fare la pipì… A casa di uno qualsiasi!!! E’ incredibile come queste situazioni ti fanno abbandonare ogni paura, vergogna o che, vi dico solo che ormai non ci lamentiamo più se anche solo nel bagno abbiamo un secchio per lavarci, o se dormiamo in compagnia di simpatici esserini che io definirei scarafaggi, ma non voglio neanche chiedermelo cosa veramente siano!!!!

La culla della civiltà

Comunque alla fine siamo arrivate a un lago bellissimo dove abbiamo visto gli ippopotami e abbiamo dormito lì. Infine ieri siamo state a Kolo, era quella la vera meta della nostra avventura! Abbiamo camminato con una guida in quella stessa steppa mezza deserta e tutta uguale fino ad arrivare a delle vecchie grotte dove abbiamo visto, e stavolta ne valeva davvero la pena, le pitture rupestri dei boscimani, risalenti a 5000 anni fa!!! Insomma, qualcosa dal valore storico unico!!!! E’ stato molto emozionante!!!

Medicina (molto) alternativa

Non solo, sapete che abbiamo fatto nel pomeriggio? Abbiamo chiesto alla nostra guida di portarci.. da una mganga, una stregona!!! E’ stato troppo forte, ci ha fatto vedere come fa quando qualcuno viene da lei a chiederle una medicina… Che ridere, praticamente faceva finta di essere invasata (si dice cosi?) dal dio del rito swahili, e per far finta di essere in trance si è messa a ruttare e fare dei versacci!!! Poi io le ho chiesto cosa mi avrebbe dato per i miei problemi di tumbo (pancia) e lei mi ha fatto vedere delle erbe con cui avrebbe fatto una medicina che avrei dovuto prendere per sette giorni (e Paskali, la guida, mi ha consigliato di segnarmi la prescrizione, per non dimenticare…). Per fortuna non me l’ha fatta prendere per davvero!!! Però ho avuto un attimo di brivido al solo pensiero… Che risate, però!!!

Il tempo perduto

La sera abbiamo mangiato ugali e mboga (tipo polenta) come la famiglia che ci ospitava… Poi a un certo punto ha detto il tipo che non aveva piu elettricità e ci ha spento la luce, così siamo andate a letto nel buio più completo, per risvegliarci ugualmente nel buio piu completo… Infatti ci avevan detto che il pullman del ritorno era alle 6 di mattina, in punto, e se lo perdevamo non tornavamo più… Almeno cinque o sei persone ci hanno confermato l’orario! Peccato che alle sei, per l’appunto, era ancora talmente buio che non si vedeva niente, né dentro né fuori, così a tentoni abbiamo raggiunto la fermata …. Inutile dirvi che abbiamo dovuto aspettare lì un’ora… Ma perché gli africani non hanno il senso del tempo??? Aaaaargh!

Il tempo ritrovato

Comunque abbiamo preso il pullman del ritorno… Due tipi inglesi, prima di scendere, ci hanno avvisato che l’autista era un po’ “crazy”, e infatti non credo di essere mai andata tanto veloce in vita mia, però devo dire che siamo tornate presto ad Arusha!!!

Proposte di matrimonio

Ora vi lascio con l’ultima chicca: finora ho ricevuto già due autentiche proposte di matrimonio… Dovete sapere che eravamo diventate amiche di un poliziotto, sotto casa a Dar, molto gentile, ci piaceva parlare con lui perché parlava chiaro e piano apposta per farci capire, e se non capivamo ci ripeteva le cose dieci volte, proprio come un professore, e poi parlavamo di cose interessanti! Solo che lui ha 32 anni, quindi ormai è un vecchissimo scapolo per i canoni della Tanzania, e siccome è rimasto scioccato dal fatto che Gaia ha già avuto tanti ragazzi nella sua vita, ha pensato che io invece, essendo molto piu seria (eeeeeh!), potevo essere l’ideale come sua moglie, così mi ha fatto una proposta serissima. Ha esordito dicendo che lui si vuole sposare, ma non vuole una moglie tanzana, né ugandese, né congolese, ne vuole una italiana… Gli ho detto “ma spagnola, francese, no eh?” E no! Lui casualmente voleva proprio un’italiana… Poverino ho infranto il sogno suo e di sua madre (mi ha detto che la sera prima aveva chiamato la mamma dicendole: “Mamma, forse riuscirò a far avverare il tuo sogno, forse ho trovato quella giusta per me!!!!”). Va be’! Invece ieri il signore che ci ha ospitato, che è musulmano (è piuttosto povero, per questo chiedeva..) mi ha proposto così, di punto in bianco, cosa ne pensavo di diventare musulmana e sposare suo figlio Ali… Poi è arrivato il figlio, me l’ha presentato e di fronte a lui mi ha chiesto: “Be’, allora che ne dici? Non lo sposeresti?”


Dalla Tanzania con follia [e da Bologna con angoscia]

Da qualche giorno vivo con il cuore nello stomaco. Mi è sceso lì e non ne vuol sapere di tornare su.
Divorata dall’ansia è l’espressione giusta (una volta tanto una frase fatta non è solo un luogo comune), perché da lì mi parte, a impulsi regolari, una fiammata che mi sale su fino alla gola dandomi l’impressione di rischiare la morte per soffocamento. Ed è una condizione permanente, cioè è da giorni che vivo in questo stato 24 ore su 24, dato che la notte ho terribili incubi, dopo che con fatica sono riuscita ad addormentarmi. Tutto ciò per dire che sono angosciata e dunque non ho voglia di scrivere, e inoltre, se qualcuno avesse un rimedio da proporre mi farebbe molto piacere. Il motivo dell’angoscia è la mia vita in generale e il mio prossimo futuro in particolare, quindi purtroppo è inutile che mi suggeriate di risolvere il problema alla base di questa mia condizione, dato che la vita è un problema che si risolve solo con la morte, cosa che, come sapete, non fa per me.
Per fortuna, so comunque per esperienza che, dopo un po’, passa anche da sola.

Nell’attesa, vi propongo le primissime impressioni di mia sorella Linda al suo arrivo in Tanzania (dove resterà fino a fine dicembre). Copio qui parte di una sua lunga mail, scritta male e in fretta dato che scriveva da un call-center e non poteva permettersi di curare lo stile. Ma il contenuto è simpatico, anche se a volte un po’ ingenuo e forse in parte viziato da qualche pregiudizio, e dato che la mia voce ormai la conoscete, mi fa piacere far “parlare” un po’ lei, anche se le cose più interessanti ce le ha raccontate in un’altra mail che, se a qualcuno interessa, posterò (ha ricevuto già alcune proposte di matrimonio!). Qui è raccontato proprio l’arrivo, i primi giorni, in cui risiedevano a Dar es Salaam; dopo, lei e la sua amica Gaia hanno cominciato, da sole, ad addentrarsi nel cuore della Tanzania. I “titolini” sono miei.

Dar es Salaam come Napoli?

Carissimi cari,
vi scrivo dall’Internet point di una cittadina che si chiama Tanga.
La Tanzania è un paese completamente diverso dall’Etiopia, tutta un’altra realtà, e per ora, per i posti in cui sono stata, non ho incontrato ancora la povertà, quella vera… A Dar es Salaam non mi è capitato di vedere baraccopoli, non so se ci sono, però sicuramente ci sono zone messe peggio della mia visto che abito in un quartiere di uffici. Però è interessante vedere anche quale è il livello medio delle persone di qui, cioe non è un granchè, però per certi versi Dar mi ricorda molto Napoli, come città… E poi anche per la gente, cosi ospitale!!! E’ bellissimo, perché tutti, anche senza aspettarsi nulla da noi, ci salutano con allegria dicendoci costantemente “Karibuni! Karibuni!” cioè “Benvenute! Benvenute!” Sono cosi gentili! Poi ci sono quelli da evitare, ma si capisce subito, ti si avvinghiano come avvoltoi finché non si beccano una bella rispostina in swahili che li lascia ammutoliti!!! Infatti appena sentono che capiamo e parliamo swahili, subito tutti cambiano atteggiamento, ci dedicano piu attenzione e rispetto, perché apprezzano il fatto che ci sforziamo di parlare la loro lingua, cosi spesso loro stessi ci dicono, ad esempio, che ci fanno un prezzo di favore perche non siamo davvero delle “Wazungu” (cioe europee)!!! Eh eh! e infatti a noi sui prezzi non ci frega nessuno!!!

Addio al nubilato (tutto il mondo è paese)

A Dar è stato bellissimo perché abbiamo vissuto in famiglia, parlando solo swahili, e poi ci hanno portato a un concerto dell’ EATV, cioe il corrispettivo est africano di MTV… Ma non solo! Siamo state in una discoteca e abbiamo assistito a una scena da manuale (nel senso che una volta abbiamo tradotto un testo giornalistico che riportava proprio questo fatto, del resto non troppo esaltante…): Un litigio in swahili tra prostitute… Be’, come dire, per una che vive le cose con occhio un po’ antropologico queste sono occasioni da non perdere! E soprattutto siamo state a un “Kitchen party” !!!! Cos’e? Ma come, è una cosa importantissima!!! Dovremmo farla anche in Italia: praticamente, prima dell’addio al nubilato, i parenti organizzano una festa alla sposa in cui le regalano tutte le cose che servono in casa, ma soprattutto ogni donna (è una festa di sole parenti e amiche, i ragazzi sono esclusi!!!) deve dare il suo consiglio alla sposa, per esempio il fatto che, quando il marito torna a casa arrabbiato, lei prima gli deve dire “pole’ ( mi dispiace) poi deve essere carina e gentile con lui, dormire insieme e poi eventualmente se ne parla solo la mattina dopo, con calma, di ciò che non va… Queste sono chicche di saggezza africana!

Il culto del fondoschiena

Cmq se a qualcuno interessa cambiare stile di ballo qua si balla in un solo modo, per me e Gaia piuttosto imbarazzante… C’è il “culto del fondoschiena”!!!! E’ una cosa incredibile, qui le ragazze ballano solo muovendo quello, e sbattendolo in faccia ai poveri uomini ammutoliti.. Ma la contraddizione più assurda è questa: queste si presentano alla festa tutte bardate con buibui islamico (nero e lungo fino ai piedi), queste gonne lunghe e caste (guai a scoprire una caviglia) e spesso anche il velo in testa o addirittura quello che lascia liberi solo gli occhi, e poi si mettono a ballare col sedere per aria, in un modo talmente volgare e con accenni talmente sessuali che, come dicevo, ci sentivamo imbarazzate perfino io e Gaia, le due occidentali Wazungu!!!! Non solo, ma c’è la gara a chi ha il fondoschiena piu grosso, per questo piacciono le ragazze grasse!!!!

Be’, dopo queste interessanti osservazioni vi devo lasciare, tralasciando il fatto che nel frattempo mi sono ammalata, comunque sarà argomento della prossima e mail, capitolo “Zanzibar”…