Varia umanità
Pubblicato: 14 dicembre 2016 Archiviato in: curiosità, persone, uomini al lavoro 10 commentiUna volta alla settimana, uscita dal lavoro, vado a lezione di letteratura e immaginario, a nutrire la mia anima. Nella fredda ma suggestiva cornice di una antica chiesa ora riconvertita in solenne biblioteca, ascolto uno degli intellettuali più significativi della mia vita spaziare per due meravigliose ore, con la sua voce un po’ impastata un po’ sorniona, dalle Ombre del Casentino di Emma Perodi ai viaggi di Sinbad, dalla Parigi di Hugo e Maupassant alle macerie di guerra fino agli orrori narrati dal gran maestro di Providence e tanto altro ancora: luoghi e storie, letterari e reali, tutti attraversati e rivisitati tramite la lente della Paura, il tema portante di questo lungo ciclo di conferenze.
Seduta tra il pubblico, ascolto, prendo appunti e mi guardo anche intorno: osservo i miei compagni di viaggio.
Sorridendo rilevo come anche il nostro erudito consesso non sia esente dal noto fenomeno chiamato La Forza dell’Abitudine per il quale, in simili circostanze, dopo i primi due o tre incontri nei quali il pubblico si dispone in ordine sparso, ben presto i più tendono a riposizionarsi sempre allo stesso posto e a rispettare come per un tacito accordo la collocazione altrui. Così, ecco per esempio il ragazzo dai vaporosi capelli a caschetto seduto sulla sedia più esterna a destra, la libraia per ragazzi nell’ultima fila al centro che dondola ininterrottamente la gamba accavallata, le due signore anziane in pelliccia della prima fila e, al tavolo in fondo, la coppietta innamorata che passa buona parte della conferenza a bisbigliare occhi negli occhi e a visionare lo schermo dello smartphone, sussurrandosi commenti e sghignazzi per chissà quali battute.
E poi c’è lui, dietro al quale già per la terza volta siedo io: il mangiatore seriale di barrette di cioccolato Kinder. Di mezza età, capelli corti arruffati, maglione a righe larghe, pelle del viso morbida e liscia come quella di un bambino; prende rari appunti con una calligrafia minuta e aggrovigliata da uomo e intanto, con regolarità, scarta una dopo l’altra le barrette di cioccolato al latte. Lavora con metodo: dalla confezione da quattro posata sulla sedia accanto estrae una barretta, la scarta lentamente con una sola mano e poi la ripone dov’era lasciandola un po’ lì così, nuda sulla carta, a disposizione. Dopo poco allunga di nuovo la mano, prende la barretta, ne morde metà e riappoggia la metà restante nella carta sulla sedia. Dopo un altro poco la finisce e riparte allo stesso modo con le altre tre barrette della confezione. Il tutto avviene senza un fruscio né altro suono di alcun tipo. Chissà se questo rito è riservato solo a quell’ora della giornata o si ripete più volte. Chissà se si svolge ogni giorno o è dedicato solo a certe occasioni.
Così mentre il mio mentore, laggiù, parla, legge, spiega e ci incanta, si svolge sotto i miei occhi il parallelo spettacolo delle nostre singole umanità e il tutto si fonde in un piacere speciale.
E’ strano come i riti e le aggregazioni nella loro ripeibilità ci diano conforno perchè delineano confini e marcano i territori. Anche mangiare la cioccolata…..magari di nascosto…dai familiari!
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Ah ah, non ci avevo pensato ma magari è proprio questo il motivo per cui la mangia lì!
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Chissà poi perché eviti di fare il nome di questo intellettuale e méntore…
Altra curiosità:
n qualsiasi epoca abbiamo ali d’argento
Che cosa vuol dire?
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Ciao. Evito per non personalizzare; questo blog non è un diario personale e il senso dei post ha un carattere generale e narrativo ma non autobiografico.
“In qualsiasi epoca abbiamo ali d’argento” è una citazione tratta dal manga cui mi sono ispirata per il nome del mio blog. Il titolo del fumetto è appunto “Ali d’argento” e parla dei Kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra mondiale. Attraverso le lettere che un pilota futuro kamikaze scrive alla madre è espresso il punto di vista di questi “vinti”. E al termine di una di queste lettere (mi pare proprio l’ultima prima di avviarsi alla sua missione mortale) lui scrive “in qualsiasi epoca abbiamo ali d’argento”, per dire che in qualsiasi epoca possiamo avere l’occasione di portare avanti i nostri ideali, di essere nobili ecc. (ognuno interpreti come crede).
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Probabilmente il suo aereo era color argento.Ma è così?
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Probabilmente quando il sole si specchiava sulle ali del suo aereo lui lo vedeva d’argento e sentiva anche se stesso risplendente e nobile, anche se alla fine tutto è andato letteralmente e anche metaforicamente in fumo…
E a ogni modo, all’epoca quel titolo mi parve perfetto per il mio blog (e ancor oggi mi piace): per chi non conosce la citazione (quasi tutti) il titolo suona comunque romantico ed esprime in modo immediato una bella immagine di volo, di luce e di libertà. il riferimento alla storia in questione è solo una sfumatura in più (e un omaggio a quel fumetto perché in certi casi anche il fumetto è arte).
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Mi incuriosisce il mentore, ma è giusto in questo contesto rispettare la tua reticenza. Trovo assai salutare l’ora che ti dedichi tra letteratura e immaginario. Purtroppo per impegni vari non potrei, ma come vorrei!
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A volte è davvero difficile ritagliarsi un’oasi per sé, e va anche a periodi, ti capisco, Mel. Io ce la metto tutta per dedicarmi un po’ di tempo salutare. Ne risente molto il sonno, perché è a lui che soprattutto strappo tempo.
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No, ti prego! Non mi toccate il sonno! 😁
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Ahah, e fai bene! Perché io certe volte mi procuro il mal di testa togliendomelo! 😀
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