Andiamo in centro?

Avevo promesso che il mio blogghino avrebbe ricominciato a dispiegare le sue ali argentee in autunno e l’autunno è arrivato; anzi, più che autunno, sembra arrivato direttamente l’inverno. Così, eccomi qui. E non mi interessa di dover scrivere ogni volta chissà quale post elaborato, dato che non ho più il tempo di una volta; scriverò quello che mi viene, ma sempre seguendo la mia regola e cioè che, essendo questo un posto pubblico, quel che scrivo qui, anche quando nasce da spunti autobiografici, deve poter avere almeno un minimo di significato e di interesse per chi legge; per tutto il resto c’è il mio diario personale. E pazienza se non avrò il tempo di limare tutto e scrivere narrazioni mirabolanti; in fondo lo scopo (devo orgogliosamente dire perseguito con successo, nel mio piccolo, in questi anni) del blog è sempre stato quello di donare a chi legge di volta in volta – e, nel migliore dei casi, tutto insieme – un sorriso, un momento sereno, uno spunto di riflessione, una storia in cui immedesimarsi o trovare conforto (dalle statistiche del blog vedo che i miei post più “tragici” – vicissitudini ospedaliere e sentimentali in testa – sono sempre i più gettonati), tutto qui; per i capolavori c’è… Masterpiece! 😛

 Fine della premessa.

Voglio cominciare questa nuova stagione con un ricordo tra i più dolci e cari che ho; mi è capitato di rievocarlo un paio di sere fa, durante una specie di cena di lavoro in cui si parlava di letture obbligatorie, imposte ai bambini da insegnanti o genitori; quelle che ti fanno passare la voglia di leggere. E il mio pensiero va al mio meraviglioso padre, a lui che ogni tanto, fin da quando ero molto piccola, prima ancora che sapessi leggere bene da sola, mi diceva: “Andiamo in centro?”. Andare in centro era allora praticamente il Paradiso; significava che io e lui da soli uscivamo mano nella mano e andavamo a prendere un meraviglioso autobus; durante il viaggio – in realtà breve ma che a me sembrava sempre lunghissimo ed emozionante – ci saremmo seduti o collocati accanto al finestrino e avremmo chiacchierato di tante cose nostre mentre il paesaggio noto del quartiere lasciava spazio a quello meno noto che conduceva verso il centro. Ma, soprattutto, andare in centro significava scendere sotto le due torri e tuffarci in libreria, spesso in più di una libreria. Qui, come per la verità sempre e ovunque quando c’era/c’è di mezzo mio padre, venivo educata a diventare una persona libera, col diritto-dovere di sviluppare gusti personali assumendomene le conseguenze: venivo lasciata libera di girovagare da sola tra gli scaffali del settore bambini per scegliere un libro da acquistare, mentre mio padre andava da tutt’altra parte, in genere nel reparto filosofia e teologia, a scegliere i suoi libri. Ecco. Anche se ormai sono passati parecchi anni, ricordo perfettamente com’era liberatoria e inebriante quella sensazione di potenza che provavo: ero una bambina piccola ed ero lasciata completamente sola a sfogliare libri, leggerne la quarta di copertina, perdermi tra tutti quei colori e con la responsabilità di dover scegliere tra tutti un libro che mi sarei portata a casa. Insomma, ci si fidava di me! A volte mi divertivo a esplorare la libreria col rischio di perdermi tra stanze e scaffali. Di altri bambini soli così piccoli non ce n’erano quasi mai; tutti avevano il loro bravo adulto a controllarli.
Quando mio padre tornava, coi suoi libri sotto braccio, mi chiedeva quale libro avessi scelto. A volte avevo scelto, senza saperlo, un libro di valore; altre volte avevo scelto qualche stupidaggine; papà non giudicava. Mi chiedeva se ero sicura, magari lo sfogliava con me, mi invitava a confrontarlo con qualche altro libro; ma quando mi decidevo, la mia scelta veniva rispettata. Lui in più sceglieva per me anche un libro di testa sua, di solito un classico per l’infanzia che ancora non conoscevo; in questo modo, indirizzava comunque le mie letture proponendomi, dall’alto della sua esperienza, libri importanti che io da sola non potevo conoscere.

La soddisfazione di uscire dalla libreria con i nostri sacchetti, ardenti dal desiderio che arrivasse la sera per tuffarci subito nella lettura, era grande. Ma prima di tornare a casa c’era un’altra tappa irrinunciabile: andavamo in un bel bar, ci sedevamo a un tavolino come due gran signori e ordinavamo due calde cioccolate in tazza con panna. Fuori, come ora mentre scrivo, calava la sera, il freddo si faceva sentire. Noi due, i volti allegri illuminati dalla luce elettrica del bar, gustavamo la nostra cioccolata; usciti da lì, se era la stagione, compravamo un sacchetto di caldarroste in uno di quei baracchini per strada, poi tornavamo a casa. Papà, libri, libertà, evasione e cioccolata calda: con associazioni di tal fatta è abbastanza ovvio che la lettura per me abbia sempre rappresentato un momento caldo ed emotivamente ricco, oltre che intellettualmente stimolante. Senza contare il fatto che mio padre, da quando ero neonata fino più o meno ai miei dieci anni (ma, grazie a mia sorella più piccola che stava in camera con me, ho approfittato delle sue letture serali anche ben oltre quell’età), ha passato ogni benedetta sera seduto sul mio letto a raccontarmi fiabe prima e a leggermi – a puntate – romanzi poi… ma questa è un’altra storia.


P.S.: rileggendo questo post, mi è tornato in mente quest’altro episodio raccontato qui. È davvero bello notare come i libri abbiano accompagnato tappe importanti della mia conquista dell’autonomia personale… persino quella degli spostamenti (trasloco compreso)!


8 commenti on “Andiamo in centro?”

  1. melchisedec ha detto:

    Inizio elogiando la premessa: lasciarsi guidare dall’immediatezza di ciò che si elabora dentro(cuore, cervello…)è il modo migliore per gestire graziosamente il blog. All’immediatezza si aggiungono la semplicità dell’espressione e quel minimo di riflessioni che possono “scaturire” in chi legge il post.
    Mi piace questa figura del padre/lettore che, in punta di piedi e dolcemente, educa alla lettura.
    Esistono ancora questi padri, pochi, ma ci sono.
    Nella mia vita questo ruolo l’ha ricoperto la maestra delle elementari.

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  2. Ilaria ha detto:

    Grazie Mel! Per l’immediatezza devo dire che ho preso ispirazione da te. Devo molto anch’io alla maestra delle elementari, e anche alla prof. di lettere delle medie che ci stimolò a creare una meravigliosa bibliotechina di classe, alimentata per lo più dai suoi libri personali cui era legatissima e che mise a disposizione della classe. Lei era capace di seguire uno per uno gli alunni, consigliando a ogni alunno le letture che secondo lei, conoscendo l’alunno/a, gli/le sarebbero piaciute… Questo la dice lunga sul tempo che questa insegnante spendeva per gli alunni, ben oltre i doveri richiesti a un insegnante.

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  3. M.T. ha detto:

    Fare un salto in libreria quando si va in centro è quasi un obbligo 🙂 cosa che mi capita tutt’ora quando mi capita d’andarci: una capatina da Nanni e ai libri usati che espone ci vuole sempre 😉
    E cioccolata e panna insieme ai libri formano un ottimo quadro d’insieme 🙂
    Di prof validi d’italiano ne ho avuti due alle superiori. Uno mi ha fatto apprezzare la lingua e lo scrivere; un’altra, con lo sottolineare gli errori in continuazione (ed era pesante, non lo nego), a migliorare un testo.
    Delle medie, meglio lasciare stare: fortuna che mi piaceva leggere da prima (grazie soprattutto a mia madre), lì mi stavano facendo odiare la lettura.

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    • Ilaria ha detto:

      Pensa che le medie sono considerate proprio l'”età critica” dal punto di vista dell’amore per la lettura. Tra bambini fino ai 10/11 anni la percentuale di lettori forti è molto alta. Alle medie arriva la falce: qui si perdono tanti lettori. Un po’ sarà anche per l’arrivo della preadolescenza con tutto quel che ne consegue; ma penso che lì sia davvero decisivo l’atteggiamento dell’insegnante. Se ne trovi uno bravo/a, molto facilmente la tua vita sarà segnata: diventerai un lettore appassionato e difficilmente smetterai di esserlo… ma se trovi quello che: è il primo a non amare leggere oppure non conosce i libri che possono piacere ai diversi ragazzi, fa fare le schede di lettura ammazza-piacere ecc… il rischio è quello di perdere per strada molti lettori.

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  4. missmeletta ha detto:

    Ma sai che praticamente condividiamo un ricordo???….. è incredibile…. voglio dire cambiando la bimba protagonista con me, il tuo papà con il mio, la tua città con la mia, avrei potuto scrivere lo stesso post….. Siamo state moooolto mooolto fortunate 🙂

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    • Ilaria ha detto:

      Ma che bello condividere un ricordo!!! 😀 Mi fa un sacco piacere, be’, non a caso entrambe amiamo leggere e anche su altre cose mi sembra che abbiamo gusti molto simili… Sì, siamo state davvero fortunate ad avere due papà così!

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  5. paolo f ha detto:

    Bellissimo, amozionante, struggente. 🙂

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