I nostri litigiosi 25 aprile
Pubblicato: 25 aprile 2009 Archiviato in: guerra civile familiare, mia mamma, politica, storie di famiglia | Tags: resistenza 15 commenti[Nella foto: una giovane staffetta partigiana fotografata con la sua fedele bicicletta: sarei stata capace di essere al suo posto, se fossi vissuta allora?]
Fin da quando ero piccola, le storie relative alle due guerre mondiali, alla vita sotto la dittatura fascista e alla resistenza contro l’orrore nazifascista, mi hanno sempre appassionata. Soprattutto quelle raccontatemi a voce dai parenti anziani e dai vecchi del quartiere, uomini e donne che avevano vissuto in prima persona, giovani adulti o ancora ragazzini/e, quegli anni tremendi. Mi è sempre piaciuto anche studiare le stesse vicende sui libri, e Le lettere dei condannati a morte della Resistenza europea è uno dei libri che mi hanno molto segnata, nel corso della mia formazione come cittadina, oltre che come persona. Ci aggiungo sicuramente anche le testimonianze raccolte da Nuto Revelli, altre pietre miliari per me. Tutte queste vicende non sembrano poi così lontane, in realtà sono inscritte nella memoria visiva, oltre che in quella orale, del territorio in cui vivo, per certi versi ci sono cresciuta dentro. Vicino a casa mia c’è da un lato il cimitero dei polacchi e degli inglesi (cioè i soldati alleati che entrarono a Bologna per liberarla, morirono per noi e sono sepolti qui; questa cosa fin da piccola mi ha sempre fatto molta impressione, perché sono soldati morti per noi e restano sepolti in una terra straniera), dall’altro ogni due passi c’è un cippo con su scritti i nomi dei partigiani caduti per la libertà in quel punto esatto. Quando andavo a scuola ne incontravo due, oggi per andare in casa editrice ne incontro un altro. E quante sono le lapidi che nelle strade del centro rimandano ad analoghi elenchi o ricordano che in quel punto avvenne la tal battaglia o il tale eccidio!
Mi sono sempre chiesta se, se fossi vissuta allora, sarei stata capace di fare la scelta giusta. Non un dissenso silenzioso, ma una resistenza attiva, a rischio della mia vita. Conoscendomi per come sono ora direi di sì perché per me la vita ha senso solo se hai dei valori grandi per cui potresti anche sacrificarla, però è anche facile dirlo stando davanti a un pc. Tra i miei parenti da parte di padre, diversi ne furono capaci e divennero partigiani. Invece i miei parenti da parte di madre erano in parte fascisti, in parte disinteressati, che era come dire fascisti ma “passivi” (sto parlando ormai di nonni/e e bisnonni, prozii/e, molti dei quali ormai morti).
Per questo, il 25 aprile a casa mia è uno stress. Mia mamma quando era piccola sentì dire da suo nonno che i partigiani erano i responsabili indiretti delle rappresaglie contro i civili (nella nostra regione, come in buona parte del Nord Italia, ci furono eccidi atroci da parte dei tedeschi, che ancora oggi restano una ferita aperta, e stragi spropositate). Da allora questa cosa le è rimasta incisa nella testa. Sapete come accade da piccoli: si orecchiano discorsi e si prende per oro colato tutto quello che esce dalla bocca degli adulti. Certe cose, è vero, ti restano più impresse di altre e sono davvero difficili da abbandonare, anche di fronte all’evidenza. Ammettere che anche i propri genitori possono avere torto è un passo così grande che compierlo è davvero complicato. Ciò non toglie che ormai, alla sua età, mia madre dovrebbe essere in grado di distinguere tra quella che era pura propaganda ideologica (cioè una balla fascista) e quella che è la verità storica. Tanto più che ormai sono passati più di 60 anni. Lei, nata negli anni ’50, era ben lungi dal venire al mondo quando succedevano quelle cose, non ha neanche la scusa di essere stata emotivamente coinvolta, come poteva averla suo nonno, che dopo la guerra ha perso tutto. E così, morale della favola, anche oggi ho dovuto sopportare l’annuale litigio tra mio padre e mia madre sul senso del 25 aprile (gli altri anni partecipavo attivamente anch’io, rovinandomi la digestione, ma quest’anno sono stata capace di tenermene fuori, mettendo su un po’ di buona musica rock e alzando il volume onde coprire le urla dei genitori in guerra, tanto ormai le posizioni sono chiare e nessuno cambierà idea). Il litigio non verte ovviamente sul fascismo – mia madre non è fascista e concorda sul fatto che sia giusto festeggiare la liberazione dell’Italia dall’oppressione nazifascista – ma sulla bontà o meno dei partigiani: per mia madre dobbiamo ringraziare solo gli americani (e i loro alleati) per la liberazione del nostro paese, invece per mio padre, oltre agli americani, anche quei cittadini e quei militari italiani che si sono opposti ai fascisti e hanno lottato per il loro paese, anche ricorrendo a mezzi offensivi logicamente. Io sono d’accordo con mio padre anche se questi litigi mi sembrano una cosa da pazzi. Io non le capisco queste polemiche, quindi lasciamo perdere i miei genitori (che all’epoca dei fatti in questione non erano neanche nati) e le loro famiglie e parlo per me.
Io sono forse una povera pivella che, quando in quinta elementare la maestra spiegò il Risorgimento e le lotte per l’unità d’Italia, ho provato un’emozione e sono diventata patriota, patriota infervorata di Garibaldi e Mazzini e Cavour e di tutte le problematiche connesse all’unità d’Italia. Io che avevo la fissa dei romanzi d’avventura e delle grandi epopee, mi sembrava un po’ il nostro West. Ho avuto questo imprinting, l’idea che uno deve amare il suo paese (ero, sempre in quinta elementare, una fanatica del libro Cuore, c’è stato un periodo in cui parlavo come Bottini e De Rossi e mi sentivo molto Garrone). Allora poi la Resistenza per me è stata la continuazione del voler bene al proprio paese al punto da esporsi, lottare e morire, ma non solo per un patriottismo stracco, ma in nome di un’idea di giustizia e di valori che dovrebbero fare parte proprio del nostro DNA e della nostra storia comune. Quindi non solo sono grata ai resistenti ma sono anche fiera che il nostro paese, pur dopo venti anni di dittatura, ne abbia prodotti. Sono i padri della nostra democrazia, cosa possiamo dire di male? Il fatto che ci siano stati talvolta degli eccessi non inficia l’importanza di un fenomeno così importante.
Per me il significato del 25 aprile sta nel chiedersi sempre se anche oggi siamo disposti a esporci e se saremmo pronti a pagare in prima persona per difendere dei valori forti e comuni, nel caso ce ne fosse bisogno. È l’importanza del saper “prendere parte” anziché restare a guardare il corso degli eventi; la lucidità e l’onestà di riconoscere che di fronte a certi scenari, esistono scelte giuste e scelte sbagliate; l’una non vale l’altra, anche se è importante capire le motivazioni di entrambe le scelte. Perché anche se situazioni così tragiche come quelle di allora non ci capiteranno (speriamo) più, è sempre importante stare allerta e pronti a difendere quei valori che, grazie al sacrificio di uomini e donne giusti, hanno poi potuto essere scritti nero su bianco sulla nostra bella Costituzione. Mi sembrano banalità, ma siccome in giro c’è gente (soprattutto giovani) che non sa neanche cosa si festeggia oggi, meglio una banalità in più che una reticenza. Meglio anche i litigi in casa mia: se non altro fin da piccola ho avuto ben chiaro cosa si festeggiasse in questa data!
Buon 25 aprile!
Anche io ho vissuto in una famiglia falciata dal nazifascismo e so bene il grande significato del 25 Aprile e anch’io spesso mi sono domandata se sarei stata capace di fare la scelta giusta.Oggi ,guardandomi attorno ,sento molti lontani e quindi penso di sì.Grazie
Tinti
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Ciao. Grazie di questo messaggio e, soprattutto oggi, grazie, come leggo, di essere “Friend of Israel”.
Chaïm
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Grazie, Tinti, devo dire che è bello avere memorie di famiglia su eventi così importanti, è come se essendo stati sensibilizzati sull’argomento non vedendolo come cosa astratta ma come questione di cuore, carne e sangue, si fosse più “indirizzati” verso una direzione attiva 🙂
Chaïm: grazie a te 🙂 Sì, sono “amica di Israele”, oggi più che mai, dati i tempi.
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Hai ragione cara, tanti giovani ancora si chiedono cosa si festeggia il 25 aprile? Tu sei una ragazza, invece, che ha ben chiaro nella mente gli eventi che si sono succeduti nella devastante seconda guerra mondiale, e ha ben chiaro la celebrazione della giornata dedicata alla liberazione della nostra Italia, e ragazze come te sono un vanto, sai forse ci sono ancora adulti non pienamente informati e parlo di quelli nati dopo il conflitto. A parte tutto questo, il 25 aprile è una festa di tutti, in ricordo di un Paese che fu liberato dalla mostruosità della guerra che non avrebbe mai dovuto cominciare se un fascista di nome Mussolini non avesse commesso l’errore di allearsi con un pazzo del quale anche le pietre sanno il nome. Quando si parla di errori dell’America, mi riferisco a comportamenti post-bellici, un certo rispetto glielo dobbiamo: Essa ci ha liberati e tutto il resto non conta! Complimenti cara, una bella pagina.
Buona domenica, un caro abbraccio.
Annamaria
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Ti dirò, a me il voler da qualche tempo equiparare partigiani e nazifascisti nel compiere efferatezze, suona davvero singolare. Lo giustifico solo con il fatto che appunto lo si possa fare oggi, lontani da quegli avvenimenti e nel momento in cui quasi tutti quelli che quel tratto di storia hanno vissuto,sono morti (e quindi non testimoniano più). Non voglio “negare” che anche i partigiani si siano macchiati di episodi di gratuita violenza o di qualche inutile strage. Forse l’hanno anche fatto. Ma metterli sullo stesso piano mi pare comunque sbagliato. Sarebbe come dire che (e purtroppo si dice) se nel corso di uno stupro la ragazza tira un calcio nelle palle al suo aggressore, ha le sue colpe e sta sullo stesso piano. Col cavolo! Noi oggi viviamo in un paese libero e civile (dico per dire, eh?), e tendiamo a giudicare i fatti di allora con questo metro, quello di chi vive nel relativo benessere e in un paese democratico. Nessuno di noi sa davvero cosa siano vent’anni di dittatura, di carcere, confino, torture a base di manganello e olio di ricino, per chi osava contraddire o dissentire sulle leggi fasciste.Nessuno di noi ha mai sperimentato la brutalità della guerra né tantomeno la necessità di quel coraggio che spinge a rischiare la propria vita pur di tentare la libertà da un simile sopruso. Che oggi si riconosca ai morti fascisti o nazisti il diritto alla memoria, mi fa una certa impressione. Come se, al di là della naturale compassione umana per quella vita stroncata, mi si chiedesse di considerare sullo stesso piano la riconquista della libertà per cui sono morti i partigiani, e la brutalità con cui questi venivano uccisi per salvare quella dittatura. Non dimentichiamoci che, se non fosse arrivata l’America, il nostro paese potrebbe ancora esserlo, una dittatura. Non dimentichiamoci che, solo fino a pochi anni fa (e nel sottobosco ancora oggi), esistono gruppi che onorano Mussolini come un eroe e negano l’olocausto. Non dimentichiamoci che, riconoscere il diritto alla memoria in nome di una “pacificazione nazionale”, può in qualche modo suonare non come un “perdono”, ma come un “pari danno e pari merito”, dando a qualcuno l’idea di poter inneggiare al fascismo come a un diritto di espressione politica. Cosa che non è e non può essere. Il fatto che non se ne sappia nulla nelle nuove generazione, può creare la sensazione che “il manganello e l’olio di ricino” siano qualcosa da rincorrere e anzi da auspicare ( e ne abbiamo esempi tutti i giorni, di queste confusioni dei ragazzini su cosa sia lecito e cosa no, in un paese democratico). Quindi, se dei morti devo ricordare il 25 aprile, siano i soldati delle truppe americane che persero la vita per liberare il nostro paese, non coloro che hanno sì persa la vita, ma avessero avuto mezzi e numeri, avrebbero prolungato il regime fino ai giorni nostri. Insegnandoci forse la lezione più dura sul senso della parola “liberazione”. Che certo coincide con “libertà”, ma che trovo preoccupante sentire sulla bocca di chi da 15 anni si risente se si parla male di lui e del suo modo di intenderla, la libertà. Come si diceva, quindi, grande attenzione all’uso delle parole e al loro reale significato(come ci Zagrebelsky).
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Aggiungerei che il montato e spostato Mussolini e il pazzo Hitler
hanno trovato terrreno fertile negli industriali conniventi,nella chiesa ,nei partiti pieni di beghe all’interno che ,invece di unirsi ,hanno creato vuoti,Non vorrei che ora….visto il papa che ci ritroviamo e …tutto il resto ….Grazie per le opportunità.
Tinti
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Annamaria: grazie. Sì, è una festa di tutti perché grazie agli eventi di allora oggi tutti possiamo vivere in un paese libero e avere opinioni diverse senza farci la guerra 🙂 Un abbraccio!
Kittymol: mi sembra una questione di semplice buon senso non equiparare partigiani e repubblichini. Infatti ho parlato di “scelta giusta”, non di “scelte equivalenti”; non erano equivalenti, erano opposte. A distanza di tanti anni, noi eredi non coinvolti in prima persona possiamo cercare di capire e ricostruire certe scelte, ma senza spostare i giudizi di valore. Se la compassione può essere rivolta a tutti, il giudizio deve continuare a discernere e valutare.
Il discorso di Berlusconi di ieri non mi è piaciuto per niente, non solo per il tentativo di equiparazione, ma per un motivo, secondo me, più grave: il 25 aprile non è la festa della libertà, è, e secondo me deve restare, la festa in cui ci siamo liberati da un nemico ben preciso. La libertà è una cosa diversa, qualcosa che oggi possiamo esercitare proprio perché siamo stati liberati da una dittatura. Senza gli americani e i loro alleati non ce l’avremmo mai fatta (il GRAZIE ovviamente è totale nei loro confronti). Penso che la resistenza antifascista e partigiana sia stata importante non tanto per liberarci effettivamente dalla dominazione totalitaria (da soli ovviamente non ce l’avrebbero fatta) ma per l’avere elaborato, mantenuto viva e diffuso quella mentalità democratica da cui poi ha potuto rinascere il nostro paese…
Tinti: secondo me, con le strutture democratiche ormai solide, l’unione europea che ci tutela e l’informazione di cui disponiamo, certe derive totalitarie mi sembrano impossibili, ma sicuramente quando si allenta la presa e si creano vuoti di potere o si intrecciano interessi vari, occorre che i cittadini stiano sempre bene attenti. Per es. il problema di oggi, secondo me, è che ci sono vecchi e nuovi diritti da rinegoziare e/o da rendere validi e soprattutto per le minoranze ciò è difficile. La mia spina nel fianco da questo punto di vista sono i migranti e i loro diritti calpestati spesso nell’indifferenza o, peggio, nell’impotenza anche di chi vorrebbe difenderli.
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ciao!
C’ero anch’io, sì! Anche se ormai sono quasi “emerito”… Il numero ha sorpreso anche me, ma credo che diversi siano venuti con i famigliari!
Grazie per questa bellissima riflessione/testimonianza sul 25 aprile!
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Certo ,proprio quello è il disagio più grosso che provo quando ,da sondaggi fatti ,risulta che il 70 per 100 degli italiani ,rispetto alla Pinar,per esempio,si è schierato per “lasciarli al loro destino”!I diritti degli immagrati vengono calpestati da un popolo migrante che ha vissuto sulla sua pelle il sopruso ….Grazie .
Tinti
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Purtroppo in Italia si perde il senso di quella neanche tanto sottile differenza tra – come scrivi – “scelta giusta” e “scelte equivalenti”. Ma te l’imamgini un francese che rivaluta Vichy? Ovviamente, giusto ricordare quelli che morirono, i morti sono morti, ma altrettanto giusto ricordare che ci fu chi morì per certi ideali e chi morì per altri. Anche io a volte mi sono chiesto la stessa cosa, se cioè sarei riuscito a impegnarmi attivamente se mi fossi trovato in quelle circostanze. Sai, Flalia, credo che interrogativi come questo siano destinati a rimanere senza risposta: quello che vale in teoria non vale nella pratica oppure l’incontrario, ed è facile trovare tra i partigiani figure non particolarmente predisposte, per loro stessa ammissione, alla lotta (mi vengono in mente Primo Levi ed Enzo Biagi). Eppure fecero quella scelta, e sono contento che l’abbiano fatta (insomma, grazie agli americani ma anche grazie ai partigiani).
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Per me il significato del 25 aprile sta nel chiedersi sempre se anche oggi siamo disposti a esporci e se saremmo pronti a pagare in prima persona per difendere dei valori forti e comuni, nel caso ce ne fosse bisogno.
Non avrei saputo dirlo meglio… pivella;-)
Laura
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Sollevi una questione vitale che, spesso, presi dall’egoismo miope trascuriamo: saremmo capaci di fare attivamente la nostra parte? Anche a prescindere dalla collocazione politica? C’è la spina dorsale?
Ho molti dubbi. I legami simbolici si allentano sempre più, in ogni contesto, da quello familiare a quello sociale.
Mi fa ridere la diatriba fra i tuoi; io propendo per la posizione di tuo padre.
Belle riflessioni. Grazie.
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Ho letto il tuo post, perché ho letto il tuo commento da flavia.
Mi sono incuriosito ed ho avuto aragione della mia curiosità.
Sei sulla strada più difficile, quella dell’onestà, della voglia di chiarezza, del desiderio di verità, del gusto antico della rsponsabilità.
Non aver paura di percorrerla, qualche vecchio imbornito come il sottoscritto lo trovi sempre, che come me ha la testa dura per le troppe testate, date e ricevute, ma non ha abbassato la guardia, anche se la voglia viene e anche forte.
Sei di quelle che faranno muro all’onda. Se avrai pazienza un poco arriverà anche mia figlia.
Non mollate; farete parte del futuro anche voi e sarà quello migliore.
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Amico di Israel… Sono amico di tutto il mondo!
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Grazie per tutte le vostre riflessioni e scusate per l’assenza… Mel, Marcello, infatti, sono domande a cui è difficile dare una risposta per un ipotetico passato. Tuttavia, anche se in forma diversa e con diverse proporzioni, anche nel presente siamo chiamati a prendere posizione… e forse, per citare Mel, non sempre c’è la “spina dorsale”…
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