Godiamoci la vita

Archiviata la tesi e smaltito (quasi del tutto) il lavoro arretrato accumulatosi sempre a causa della tesi (da lettrice, non avrei mai pensato che tra i motivi di ritardo nell’uscita di fumetti potesse esservi la tesi di laurea dell’adattatrice dei suddetti! Eh eh, non spargiamo troppo la voce!), sono ufficialmente uscita dalla clausura forzata che ero stata costretta ad autoinfliggermi (chi era quello che si era legato alla sedia? Alfieri? Be’, sono una sua degna erede). Bene, ho scoperto che, nonostante la mia indole tendenzialmente solitaria, non sono adatta per vivere reclusa tra quattro mura – per quanto in buona compagnia cartacea –, esclusa dal consesso umano e forzatamente avvinghiata a un pc il cui uso prolungato mi provoca emicrania, occhi arrossati e crisi isteriche. Ecco perché questo povero e innocente blog è rimasto abbandonato a se stesso molto a lungo: prima, appunto, per altre occupazioni più urgenti cui assolvere, poi perché la sua autrice è tornata a rivedere il sole e le altre stelle e a dedicarsi a una delle sue attività preferite: bighellonare. Assieme al suo Amico del Cuore, bighellone D.O.C. anche lui. Favoriti dal sole di questi giorni che, nonostante la temperatura sottozero, illumina il loro percorso e li invoglia a non fermarsi.

Mercoledì siamo stati in trasferta a Ferrara, per vedere la mostra dedicata a William Turner. Ricordavo di avere avuto una mezza sindrome di Stendhal quando a Londra vidi alcuni dei suoi quadri esposti alla Tate Gallery ed ero molto curiosa di vedere questa mostra dedicata in particolar modo ai dipinti ispiratigli dai paesaggi italiani. Molto bella, e quello che mi ha colpito è stata l’evoluzione del modo di dipingere di Turner, dalla precisione imbevuta di classicismo con cui rappresentava scenari naturali e urbani in gioventù (da ignorante quale sono, non me l’aspettavo proprio) all’impronta sempre più selvaggia, visionaria e sperimentale della produzione in età più avanzata. In alcuni casi, il soggetto dell’opera era il medesimo, ma la resa completamente diversa. Potere ripercorrere in questo modo l’evoluzione di un autore mi ha molto emozionata. Così come mi ha commossa (ma questo mi accade sempre, in simili circostanze) trovarmi a pochi centimetri da quadri che dai primi dell’Ottocento sono arrivati a noi… e vedere anche i taccuini su cui Turner abbozzava gli schizzi da cui poi avrebbe tratto ispirazione, o il passaporto dell’epoca, che gli serviva per spostarsi da Napoli a Roma, e che attestava che il signor Turner non si era macchiato di delitti e poteva quindi essere accolto nel nostro paese. Quei pezzi di carta e quelle tele, partiti dalle sue mani e passati per chissà quante altre mani di gente ormai morta, hanno attraversato due secoli e sono arrivati fin qui, quando mai il buon Turner avrebbe immaginato che un giorno una Flalia qualunque li avrebbe rimirati e ne avrebbe scritto su un supporto di cui lui non avrebbe mai potuto prevedere l’esistenza. E si tratta solo di due secoli, in fondo. Quando mi trovo davanti a un vaso greco o un sarcofago egiziano o al cospetto di un albero millenario, è indescrivibile quello che provo. Il passato mi fa sempre il suo bell’effetto. Mi sono poi consolata con un buon tè gustato in un bel bar del bellissimo centro di Ferrara, una città per cui ho sempre avuto una certa predilezione. Mi fa sempre piacere tornarci (senza considerare poi il brivido nel passare esattamente nello stesso punto descritto da Bassani in Una notte del ’43).

Ieri invece ho bighellonato per il centro della mia città; sono uscita da casa con uno zaino e una sporta carichi di libri da restituire in biblioteca e mi sono poi dedicata al rinnovamento del mio guardaroba in vista della primavera (naturalmente, mentre tutte, a gennaio, si buttavano sui saldi io ero appunto reclusa davanti a un computer); è da un mese che vado annunciando: “Ehi, ridendo e scherzando, ormai è primavera!”, e questo pur in mezzo alla neve e al gelo, ma sono stanca di indossare il mio cappottino invernale e di girare imbalsamata sotto strati di maglioni di lana! Per una freddolosa come me l’inverno è la stagione in cui la necessità di ripararsi dal freddo copre ogni velleità estetica… il tutto aggravato dal fatto che il mio mezzo di locomozione è la bicicletta (per cui, tra cappotto, guanti, cappuccio di lana e sciarpa fin sul naso, l’unica cosa che si scorge di me sono gli occhiali), perciò son qui che bramo l’avvento della primavera, il momento in cui potrò finalmente spogliarmi della crisalide invernale e riassumere un aspetto più sfarfalleggiante o almeno colorato e pastelloso. Così, nonostante il freddo, ho fatto incetta di maglie e camicette primaverili e mi sento già un po’ meglio.

Ho poi scoperto che ieri era giovedì grasso ma non c’era alcun festeggiamento in giro. Sarà che tre giorni fa ho fatto indigestione di sfrappole e raviole alla crema (entrambi dolci tipici della mia regione e tutta roba super fritta e zuccherosa) e il mio Carnevale è morto lì.

Insomma, tutto ciò per dire che sono felice, leggera e sono tornata in me.


7 commenti on “Godiamoci la vita”

  1. melchisedec ha detto:

    “Torna a fiorir la rosa” che prima “languiva” sui libri! Bene! Mi fa piacere, Flalia, il tuo ritorno. Sei mancata, però sapevo in cosa fossi impegnata, perciò pensavo fra me e me che prima o poi saresti tornata. Mi offri l’occasione per esprimere la mia amarezza per quei blogger, che si professano amici, che sembrano essere stati inghiottiti dal nulla. Neanche una parola, un segno.
    Comunque sia, bentrovata!
    Non è prestino per la primavera? A Pa le cime delle “montagne” sono innevate e spira un vento gelidissimo. Però un freno al desiderio di fiori, sole e colori primaverili l’immaginazione non può rinunciare!

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  2. commediorafo ha detto:

    Che bello leggere questi post scritti da una Flalia qualunque!
    Massimo

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  3. latendarossa ha detto:

    Quel lasso di tempo che passa dal momento in cui finisci di scrivere la tesi e la consegni fino al giorno in cui ti addottori, è uno dei limbi più piacevoli della vita. Come un mettere tra parentesi paure e preoccupazioni. Ci si può godere la vita, consapevoli di aver fatto il proprio dovere.
    Sui paesaggi: Goethe e con lui i suoi contemporanei, apprezzavano più di ogni altra cosa, nel paesaggio italiano, la dimensione prettamente pittorica dei suoi panorami. Si cercavano in Italia i “quadri della natura”, cioè quelli che ricordavano le opere di Roos, Everdingen, Gellée, Lorrain.

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  4. isabel49 ha detto:

    Bentornata fra noi cara! Anch’io sono stufa di maglioni, sciarpe, guanti, piumini e calze pesanti, anch’io voglio lasciare la mia crisalide per volare leggera come una farfalla. Cara sei ammirevole ad amare gli artisti del passato, a provare emozioni per gli antichi reperti, sei un’anima nobile e sensibile: chi ama l’arte in tutte le sue sfaccettature è una persona speciale. Io quando contemplo un’opera, un oggetto, una qualunque cosa appartenuta ad una persona sconosciuta, cerco di immaginare nella mia mente l’ambiente, le persone, le situazioni… è bellissimo.
    Buon fine settimana, un caro abbraccio.
    Annamaria

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  5. kittymol77 ha detto:

    hmmmm….che voglia di primavera. mai come quest’anno l’inverno mi è lungo e insopportabile. Ti immaginavo incollata alle tele e a sognare su passaporti e taccuini…

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  6. flalia ha detto:

    Caro Mel, è vero, sono mancata dal mio blog ma i miei commentini in giro da voi amici li ho lasciati, magari non proprio ogni giorno… di più non riuscivo a fare 🙂 E’ stato un inverno freddo e nevoso (perfino dalle tue parti, ultimamente!) e direi che la voglia di primavera si fa sempre più forte… potrebbe arrivare all’improvviso (a volte lo fa!) :-))

    Massimo: eh eh, grazie, mancavano anche a me i miei post! ;-))

    Marcello: è proprio così!! Il mio dovere l’ho fatto, ne sono pure soddisfatta e ora, in questo breve periodo, mi sento proprio in diritto di rilassarmi un po’ 🙂
    Sai cos’ho notato? La differenza tra l’ordine ispirato dai paesaggi italiani (pur bellissimi) e l’aspetto selvaggio che personalmente mi emoziona di più (anche nei romanzi) ispirato dalla brughiera… sono due cose belle entrambe ma completamente diverse…

    Annamaria: anch’io mi immagino le storie dietro le cose e le persone. Riguardo all’arte in tutte le sue varie forme, ho la fissa che come il nostro corpo ha bisogno di cibo per vivere, anche la nostra anima necessita del suo nutrimento, e la Bellezza ne è un ingrediente fondamentale. Abbiamo bisogno di cose belle per non ridurci a vedere solo il brutto del mondo… Buona domenica 🙂

    Kittymol: è stato un inverno freddo, lungo e pesante, anche per la situazione politica… speriamo in una primavera migliore 🙂

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  7. flaviablog ha detto:

    Turner era uno dei pittori preferiti da mio padre.
    Ferrara non è poi tanto lontana…:-)
    E ancora devo visitare il Museo Boldini ( è a Palazzo Diamante, se non sbaglio).

    Lo sforzo è quasi archiviato e l’emula di Vittorio, liberata, se vado ad Asti prossimamente fotografo il Monumento che campeggia scuro ( e minaccioso) nella piaza principale, con i portici, assai bella, in cui è tutto un susseguirsi di cremerie e gelaterie. Presenti quelle belle esagerate piemontesissime pasticcerie? 🙂
    Qui se n’è persa la tradazione, quasi. Ne sopravvivono un paio, di cui una torinese. Non ho parole. Uccidere le tradizioni è una tafazzata ( e sono andata fuori tema).

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