Margini
Pubblicato: 20 febbraio 2008 Archiviato in: morte 9 commenti
A volte mi si sgretola il terreno di sotto ai piedi e in qualche modo, affrontando la sospensione tra uno strato e l’altro, mi riassesto su qualche nuova certezza e ricomincio a definire i margini.
A volte margini che racchiudono solitudine, altre volte amore.
Ma sempre contengono sofferenza.
Per anni ho soffocato il mio cuore e poi l’ho lasciato libero, giustificandomi, in entrambi i casi, con una favola diversa che però finiva sempre bene.
Quando sono stata troppo amata mi sono sentita oppressa ma anche essere una ruota di scorta, una cosa superflua, a volte è difficile da accettare.
L’amore è un coltello puntato contro di me. A ogni brivido di gioia mi scolpisce una ferita, un vuoto che non guarirà mai.
P.S.: nonostante le apparenze, questo non è né vuole essere un post demoralizzante. Esprime solo uno stato d’animo che chiunque può provare in certi momenti e che, quando si perdono pezzi (e vivere è perdere pezzi, dal mio punto di vista), si affaccia prepotente alla mente e al cuore…
Le persone che ci hanno amato e che abbiamo amato sono sempre vive nei nostri ricordi.
Un abbraccio!
Massimo
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L’amore è sempre stata la cosa più grande e importante che sentivo il bisogno di dare, e che bramavo ricevere, fin da ragazzino, quando i giochi avrebbero dovuto essere innocenti e spensierati. Una sensibilità eccessiva mi pesava addosso, facendomi soffrire troppo spesso, quasi sempre incompreso, spesso vilipeso. Anche per questo mi sentivo in stato d’inferiorità, sempre. Una stimmata che forse porto ancora, a dispetto delle certezze (relative) che son riuscito a costruirmi.
Ora stento a focalizzarti nelle vesti di “ruota di scorta”: non mi sembra possibile, per quello che conosco di te. Forse il termine è improprio: una ruota di scorta si mette quando serve e si toglie quando non serve più, e tu non ti attagli – credo – a questo ruolo. La tua profondità non lo permette, quella profondità particolare che è connaturata in te e ti rende unica.
(C.D. Friedrich, Il viaggiatore sopra il mare di nebbia – 1818)
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Occorre lavorare molto su se stessi, lavorando, lavorando passa però l’intera vita; ma come fanno certuni che si ritrovano, invece, con l’amore in tasca come se nulla fosse?
Misteri.
🙂
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Questo post, così intenso, mi ha fatto ricordare il perché, certe volte, preferisco non interrogarmi troppo sui sentimenti…
Un caro abbraccio
Diego
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Massimo: grazie… 🙂 Un abbraccio 🙂
Paolo: io invece mi focalizzo proprio in quel ruolo… Però mi identifico molto anche nel solitario wanderer dell’amato Friedrich… A una certa altezza, certe cose perdono peso e acquistano purezza. Un bacio :-*
Mel: c’è sempre quella consolazione (forse falsa) che a una maggiore fatica corrisponda una ricompensa migliore… Ma, diciamolo, a volte mi sa tanto di “volpe e uva”! 😉
Diego: eh eh, infatti anch’io evito di crogiolarmi troppo in questi pensieri… questione di sanità mentale… 😉
Un bacio :-*
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E’ vero. Se ne perdono davvero tanti di pezzi nel trascorrere dei giorni.
Quello che frustra, a volte, è il non poterli riacquistare, ma purtroppo è così.
Benediko
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E’ vero, a volte si esce come tesserine di un puzzle da una scatola, sembra impossibile che si possa ritrovare la maniera di rimetterle tutte in ordine ed ottenere un’immagine compiuta: invece, pazienza, attenzione, concentrazione, la carica giusta, trasformano tanti pezzettini in un quadro finito da incorniciare.
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Ozzy: già, in certi casi c’è poco da fare, e forse sensibilità e consapevolezza aumentano la sofferenza… Grazie 🙂
Masso: speriamo… al momento mi sento un po’ mooolto sparsa! Ciao, grazie 🙂
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Guarirà, guarirà, è solo questione di tempo… 🙂
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