La tortora disperata
Pubblicato: 9 agosto 2007 Archiviato in: nonna, prozia, romagna mia 11 commentiLe tortore sono quegli uccelli dal verso lugubre e intermittente: quel fastidioso uh-uh che non può dirsi certo allegro. Io ci sono abituata perché sia nella casa di Piacenza sia in quella di Riccione (cioè le case legate a mia nonna e prozia, cui ormai il verso della tortora è nella mia mente inequivocabilmente collegato) vengo svegliata al mattino da questo monotono lamento (tale è dal mio punto di vista umano). Quest’anno, però, la tortora che mi ha tenuto compagnia a Riccione (e non solo al mattino ma anche al pomeriggio) aveva un che di disperato nella voce, una sfumatura angosciata, come se il verso le si strozzasse in gola. E io, fedele alla mia interpretazione poetica della vita, ho stabilito che quella disperazione era dovuta al fatto che anche lei sentiva la mancanza delle legittime abitanti della casa, cioè mia nonna e mia zia. E fu così che – cosa inaspettata – mi sentii solidale con una tortora.
Che bella, Flalia, la tua ricostruzione poetica del fatto. Mi sento parte di questa visione, sebbene non conosca la tortora in questione, ma il suo verso mi è familiare. 🙂
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Non so se tu creda o meno nella reincarnazione, ma i segni ci sono sempre, bisogna saperli cogliere. Chissà.
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Ciao caro Mel, grazie 🙂
Masso: non credo nella reincarnazione (non penso neanche che mi piacerebbe molto, se ci fosse), tu sì?
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Forse un caso, forse no.
Ma è molto tenero riuscire a dare un’interpretazione del genere, e mi accodo al tuo pensiero.
Un saluto.
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Si, certo che ci credo: altrimenti non te lo avrei certo chiesto. E nelle teorie che la supportano, c’è appunto quella che racconta come ci si possa reincarnare in qualunque creatura vivente, quindi anche in animali.
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Da un po’ di tempo a questa parte pure sul balcone di casa mia (più precisamente sulla struttura che sorregge la tenda da sole) nidifica una tortora. Oramai è una di casa.
Massimo
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Sono abituata anch’io al verso di tortore, colombi (che non sono da meno in quanto a monotonia), oltre che di vari uccelli che cominciano a cinguettare proprio quand’io vorrei dormire. Preferisco di gran lunga il silenzio discreto dei pipistrelli che abitano sotto le tegole di casa mia.
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Higurashi: ciao! Sono sempre felice quando “appari” 🙂
Masso: be’, pensavo potesse essere anche solo una tua curiosità. Chi lo sa, non escludo niente, caro Masso e, reincarnazione o meno, cerco di avere rispetto per ogni essere vivente. Su questo siamo certamente d’accordo 🙂
Massimo: un’altra cosa che ci accomuna, allora! Ti ringrazio anche qui per il tuo splendido post di ieri 🙂
Paintedword: ciao, benvenuta 🙂
Ti dirò che anch’io trovo simpatici i pipistrelli (fino a qualche anno fa avevo anche un poster a loro dedicato, sulla parete della mia camera!)
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Interpretazione davvero molto poetica Ilaria!
A casa di mia mamma ho “fatto amicizia” con una tortora, anzi, per dirla meglio, la tortora è amica di mia mamma che l’ha abituata a farle avere un po’ di cibo sul balcone dove ogni giorno si apposta in attesa della pappa…
Si fida talmente di mamma che si lascia avvicinare e, a volte, persino Fare una carezza sulla testolina. Ogni volta resto di stucco! Nei giorni di maggior debolezza di mamma, che è gravemente malata, sembra capire e il suo lamento è prolungato ma sommesso…
Ti abbraccio
Cate
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Una casa parla, parla delle persone che transitano, o che sono transitate, in quelle stanze. Ogni mobile, arredo vario, di casa, un lampadario, il tappeto, cuscino, ecc, persino una tortora sul balcone, parla delle abitudini di chi vi abita, o abitato.
La nostalgia che provi per tua nonna e tua zia, ti rende più sensibile e percettiva, non c’è niente di strano che tutto lì, ti parli di loro. Un abbraccio
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Cara Cate, la malattia delle persone care è tremenda, per loro e per chi le ama. A volte, anche piccoli episodi come quello che ho raccontato io, e ancor più come quello che hai raccontato tu, sono, pur così piccoli, di aiuto. E’ questa l’interpretazione poetica della vita: decidere di subire la realtà solo fin dove è inevitabile subirla (e cercare, a volte molto a fatica, di farsene una ragione); e però trovare un senso a tante piccole cose che potrebbero sfuggirci e grazie alle quali possiamo invece costruire (“poesia” viene da un verbo greco che significa “fare”) una realtà nella quale non siamo solo spettatori passivi.
Un abbraccio a te e tua mamma, e stasera mi sintonizzo su radio 3!
Jedredd: è verissimo, gli oggetti e gli ambienti ci parlano delle persone. Grazie, Jedredd. Ciao!
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