Una pugnalata al cuore [Improvviso attimo di riflessione]

Adesso scusate ma sto per parlare di me e non nel solito modo ridicolo che mi piace e che uso nei post a carattere personale per non annoiarvi troppo.
Il fatto è che poco fa ho dato una scorsa al mio blog (che normalmente non leggo mai) e dopo mi sono sentita come se mi fossi data una pugnalata da sola.

[Adesso l’Ilaria addolorata è stata debitamente allontanata e qui sono io nella mia razionale lucidità a parlare.]

Ho dato un’occhiata al mio blog, dicevo, e sono rimasta impressionata dal fiume di parole che ho rovesciato su queste pagine. Da tre mesi a questa parte ho scritto un post al giorno (ho saltato solo due o tre domeniche). E non sono post di poche righe, ma tutti pezzi medio – lunghi.

Ma da dove vengono queste parole quando io normalmente sono la persona più silenziosa che conosca?

Ho pensato a me nella mia vita normale. Non si può dire che incontri poche persone o che non abbia amici. Ma a quali di queste persone ho potuto raccontare le esperienze e le riflessioni scritte sul blog?
Chi è che mi ascolta nella vita normale?
Le risposte a queste domande mi imbarazzano.
Anche solo poco fa, ero in macchina con mio padre che gentilmente mi accompagnava al lavoro. Gli raccontavo con entusiasmo degli ultimi preparativi per il Festival e di come da domani sarò in Paradiso fino a domenica. E lui non mi ascoltava, come sempre del resto. Si vedeva benissimo che era immerso nei suoi pensieri e coglieva una mia parola ogni tanto. Lui fa sempre così (ma è la persona che più amo al mondo).
Normalmente io parlo veramente poco. In compenso sono la classica “buona ascoltatrice”. Una volta, per Capodanno, tra amici, ci siamo scritti reciprocamente bigliettini in cui ognuno sottolineava i pregi dell’altro. Nei bigliettini che ho ricevuto io, la qualità più elogiata era proprio la capacità di ascoltare e consigliare, cosa di cui peraltro vado fiera.
Non è che io non abbia niente da dire; ma parlo solo quando ho qualcosa da dire e infatti partecipo alle conversazioni, quando c’è da conversare. Ma se ci faccio caso, la maggior parte delle mie giornate è dominata proprio dal chiacchiericcio, non dalla conversazione. E non è che io deprechi questa cosa, anzi mi va benissimo, solo che non lo considero uno scambio comunicativo profondo. Perciò durante il giorno magari si parla anche tanto, ma senza dire (raccontare) niente.
Oppure sono io che mi tiro indietro? Forse sono come un cane di Seligman. Seligman era uno psicologo che fece degli esperimenti sui cani: li sottoponeva a delle scariche elettriche ogni volta che facevano un gesto. Dopo un po’ di tentativi i cani, vedendo che qualunque mossa facessero ricevevano la scarica, smisero completamente di muoversi. Questa si chiama impotenza appresa: a forza di venire scoraggiato, un poveraccio si arrende, si fa piccolo piccolo e non fa/dice più niente.
Poi sono sempre in imbarazzo: quando sono triste, sto zitta perché non mi va di rattristare gli altri; poi c’è sempre qualcuno più triste di me. Normalmente sono felice (considerate che io sono sempre felice anche quando sono profondamente triste, e questo è difficile da capire) e una persona felice pare abbia meno diritto di essere ascoltata.
Spesso è anche una questione di tempo: con i miei migliori amici riusciamo magari a (intra)vederci spesso, ma senza il tempo di poter parlare con calma.
Le uniche persone al mondo che abbiano sempre ascoltato con interesse (e senza giudicarmi) i miei pensieri (anche quelli più strampalati o disdicevoli) e che abbiano sempre avuto tempo per me sono state le mie due nonne e la mia prozia. Adesso due di queste persone sono gravemente malate e stanno per lasciarmi, la terza anche lei non sta benissimo (naturale: la meno anziana ha 84 anni, non c’è da far dei drammi).

E poi, dopo tutto questo, scopro che io ho così tante parole dentro da riempirci quotidianamente un blog.
E che tra l’altro non mi piace scrivere, odio scrivere, e guarda caso, senza sapere perché, scrivo tutti i giorni un post, anche quando non ho tempo; neanche me l’avesse ordinato il dottore.
E leggo questi post e noto che mi rispecchiano proprio, cioè lì ci sono i miei pensieri e il mio modo di esprimermi, lo stesso che ho quando riesco a parlare anche fuori, prima di essere interrotta dal prepotente di turno (e io non sono di quelli che poi si riattaccano come niente fosse al loro discorsetto) o di cadere nell’impotenza appresa, preoccupata di essere la solita diversa.
Quindi, in pratica, io mi racconto più a delle gentili persone che però conosco solo per nickname (e a cui sono molto grata, perché certe volte, leggendo i vostri commenti, mi chiedo davvero perché stiate a leggere i miei sbrodolamenti di egocentrismo) che non alle persone in carne e ossa che mi circondano e con cui regolarmente scambio sorrisi, convenevoli e battutine.

A me sembra davvero una cosa molto triste, se non proprio fallimentare.
Non mi sembra per niente una buona cosa.
Non sono neanche riuscita a spiegarmi in questo post, non si capisce cosa volevo dire.
Non è questione di vero o di falso (argomento frequente nei blog): io sono vera tanto qui che nella vita normale. È solo che nella vita normale sono molto più silenziosa che in quella virtuale. E non capisco cosa significa. Uffi. Scusate lo sfogo. Magari capita qualcosa del genere anche a voi, non so.

Meno male che domani parteciperò a un meraviglioso incontro sul fumetto col prof. Faeti che è il mio grande ispiratore e mi sentirò una volta tanto a mio agio.
Scusate la lunghezza e la confusione.


22 commenti on “Una pugnalata al cuore [Improvviso attimo di riflessione]”

  1. Hackmuth ha detto:

    E’ paradossale. Riusciamo ad essere più trasparenti in questo mondo irreale che nella vita quotidiana. In rete è come se parlassimo a noi stessi e sperassimo in sponde temporanee, vaghe, impersonali. Forse ci spaventa meno il giudizio di chi non ci vive e quindi ritagliamo via l’inutile e lasciamo impressa orma di noi, veritiera. Non lo so, mi è capitato molto spesso in passato… lasciarmi andare a confessioni con sconosciute/i del blog accanto. Mi è capitato di riceverne beneficio, ma di sbattere il muso contro la vita reale. So di essere un timido, ma non è solo questo. E allora, cos’altro mai?
    Ciao,

    francesco

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  2. flalia ha detto:

    Ciao Francesco! Benvenuto. Sì, capisco il fenomeno di cui parli tu, ma non mi appartiene. Io non sono di quelli che si confidano meglio con persone sconosciute, anzi non mi è mai capitato, per la verità. La mia situazione è più triste: non c’è nessuno (o quasi) che abbia veramente il tempo e lo spazio per ascoltarmi per bene, perché io le cose che scrivo qui le dico tranquillamente anche alle persone in carne e ossa… quando esistono :-/

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  3. MariaStrofa ha detto:

    Non so, a me sembra una cosa normale invece: sarebbe come dire che Dostoevskij o Kafka dovevano essere capiti più dai loro parenti che dai lettori.

    La moglie di Joyce si rifiutò di leggere un solo rigo del marito in tutta la vita (un esempio).

    La scrittura è un mezzo per incontrare persone a distanza: ha una sua struttura, sue proprie leggi.

    Non ci vedo niente di male. La parola orale è altra cosa, diversa: comunica in modo diverso.

    Se poi una persona riesce più a comunicare per iscritto, anche qui non ci vedo niente di male.

    In fondo che cosa sono tutti i racconti e i romanzi se non lunghi post che altri commentatori leggono a distanza?

    ciao 🙂

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  4. Hackmuth ha detto:

    Diamine, neanche io ti ho letta per bene. Siamo a posto. Chiedo venia. Quel che ho scritto vale sempre, almeno per me. Per te una postilla tratta da “Caos calmo” di Sandro Veronesi: “La gente pensa a noi infinitamente meno di quel che crediamo”. Forse c’entra qualcosa con tutto questo.

    Ciao,

    francesco

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  5. PaoloFerrucci ha detto:

    Ilaria, per dire che scrivi troppo sul blog hai fatto un post più lungo del solito.

    Le impressioni che ho avuto di te sono molteplici: sei giovanissima, ami la cultura e la letteratura in un modo che pochissimi giovani conoscono; hai la fortuna d’aver avuto tanti parenti amati, e d’aver un rapporto splendido con tuo padre – che ad avere una figlia come te possiede una fortuna colossale.
    Poi, tendi alla riflessone e all’ascolto, e non prediligi il chiacchiericcio perché sei malata di profondità: in queste cose mi somigli senz’altro. Anch’io parlo poco e non mi apro mai quanto sto facendo nel blog. Non è sbagliato, sai? No no. Anzi, a me sta facendo rivivere.

    E un giorno vorrò vederti e toccarti le mani e le guance, per sentirne la consistenza, per sentire che sei vera. Mi piacerebbe conoscere il tuo lavoro, e sentire la tua voce.
    Mi raccomando, Ilaria, leggimi sempre. Mi raccomando.

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  6. melchisedec ha detto:

    Do una risposta valida per me: una cura, l’espressione di me,la condivisione con altri, un esercizio di scrittura. Questo il blog.
    Non ti arrovellare, la calma ti permetterà di trovare una risposta.
    🙂

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  7. commediorafo ha detto:

    Hai detto che parli solo quando hai qualcosa da dire. Evidentemente scrivi quando hai qualcosa da scrivere.
    E lo capisco leggendo i tuoi post.
    Buona settimana. (Ma dovremo aspettare domenica per leggerti di nuovo? 😦 )
    Massimo

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  8. diegodandrea ha detto:

    mmmhhh… magari la realtà fisica, essendo più rigida, è solo più difficile sentirsela addosso come vorremmo… insomma, telvolta ci si sente “poco vestiti” o addirittura malvestiti… qui, in realtà, è semplicemente tutto più plasmabile e si ha la sensazione di indossare sempre capi che ci fasciano alla perfezione, “sartoriali”, che mettono completmente a proprio agio… e sbaglio o ci si “sbottona” (metaforicamente e non) più facilmente quando si è a proprio agio? 😉
    Baci D

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  9. flalia ha detto:

    Allora, intanto GRAZIE a tutti! Poi:

    Maria: ecco, vista così come me la metti tu, la cosa in effetti non mi sembra poi così drammatica. E’ giusto quel che dici, ma mi è sembrato una specie di “tradimento” (non so se verso me stessa o verso gli altri) l’essere più loquace su un blog che non nella quotidianità. Però, ecco, pensare a Dostoevskij o Kafka mi fa un attimo salire l’autostima… ;-)) Grazie.

    Caro Francesco, non preoccuparti 🙂 Grazie invece per la citazione, che condivido. Sai cos’ho pensato, mentre rimuginavo su questo post? Che a volte mi sembra che siamo tutti impegnati in personali soliloqui che non ci fanno neanche percepire che un altro ci sta parlando. Grazie 🙂

    Paolo: l’avevo notato anch’io il paradosso della lunghezza! 😉
    Mi hai scritto delle parole bellissime, mi sono un po’ commossa. Pensa che certe volte mi vergogno a lasciare dei commenti sul tuo blog perché ho paura di darti fastidio… Invece ti leggo sempre, sì, certo che continuo a farlo. E sarò felice anch’io di abbracciarti. Grazie davvero, caro.

    Mel: sì, forse mi sto arrovellando troppo… Per quanto riguarda il tuo modo di intendere il blog, mi sembra che tu ci stia riuscendo molto bene, a giudicare dai post che scrivi. Grazie per i tuoi commenti:-)

    Massimo: grazie, caro Massimo. Fino a domenica sarò al Festival dal mattino fino a notte (ci sono incontri pure alle 22!), ma spero di riuscire a postare qualcosa. A questo punto, ci tengo!

    Diego: interessante la tua metafora. Sicuramente è anche così: qui c’è molta più fluidità che nella vita normale. Forse è per questo che sono più chiacchierona sul blog: perché penso che, a differenza della vita reale, se annoio qualcuno con i miei post, quello può semplicemente non leggermi e questo mi fa sentire più tranquilla.
    Si è capito che sono “leggermente” insicura, ho sempre paura di deludere tutti e mi considero una schiappa?
    Grazie anche a te, che sai sempre farmi sorridere, e un bacio. Ciao 🙂

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  10. estivaneve ha detto:

    sai,tengo un diario da quando avevo 17 anni e da allora non ho mai smesso di scriverci. in certi periodi le mie riflessioni erano torrenziali, anche perchè non potevo arginarle attraverso il confronto con le idee altrui. le cose sono un po’ cambiate quando ho conosciuto una ragazza, divenuta poi una grande amica, a cui ho, poco a poco, iniziato a leggere le pseudo-poesie che scrivevo… lo facevo perchè in esse era contenuta la verità del mio sentire, puro, senza mediazioni, e volevo che lei ne partecipasse.credo, attraverso questa comunicazione “speciale” di aver imparato a comunicare.ci vuole la persona giusta, che ti capisca con poco.così poi si prende coraggio per dire molto…

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  11. misscorinna ha detto:

    Anche io mi trovo bene in questo mondo “irreale” del blog. Ho iniziato da poco e inserisco veramente di tutto, tutto quello che mi passa per la testa!
    Il cane di Seligman… beh per la mia esperienza di vita confermo: funziona così, purtroppo o per forza!

    Mi piace il tuo blog, passerò spesso!

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  12. flalia ha detto:

    Ciao Estivaneve: anch’io ho sempre tenuto e tengo un diario ma, come dici tu, trovare la persona giusta con cui confidarsi è la cosa più bella. Io avevo un’amica così, ma ci siamo perse di vista senza neanche un vero motivo. Poi di carattere sono veramente tanto riservata, è più forte di me… 😦 Sono contenta che poi tu abbia trovato il coraggio di pubblicare le poesie e i tuoi pensieri anche sul tuo blog; me li sono letti tutti, sai? Ciao, a presto 🙂

    Corinna: ben arrivata. Mi sbaglio o il tuo avatar è Lalabel? Se è così, tra Lalabel ed Epicuro, hai già conquistato la mia simpatia! Sei benvenuta su questo blog e grazie molte per il tuo commento. Ciao 🙂

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  13. lauraetlory ha detto:

    Dici che non ti piace scrivere ma la scrittura fluisce da te con la semplicità di un fiume che scorre. E ciò che dici, il modo in cui ti racconti, è piacevole e genuino (nel senso più nobile del termine). Aprendo il tuo blog si ha la sensazione di aprire la porta ad una vecchia amica con la quale dividere, tra un caffè e un vassoio di pasticcini, chiacchiere e pensieri, banalità e verità nascoste in un miscuglio di parole e sentimenti che da solo da calore alla giornata…
    Lory

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  14. A me accadde qualcosa del genere quando venne a mancare mio nonno. Lo amavo molto, ed era l’unica persona con cui, a quell’epoca, riuscivo davvero a parlare. Per anni non mi è più interessato parlare con nessuno, o quasi (frequentavo gli amici per inerzia e per ammazzare il tempo, e le ragazze perché mi interessava andarci a letto). Poi, 12 anni dopo la scomparsa di mio nonno, ho incontrato la mia attuale compagna, che sposerò a ottobre. E fu con enorme sorpresa che, dopo averla incontrata, scoprii che non vedevo l’ora di passare del tempo a parlare con lei, e ad ascoltarla. Addirittura (fatto per me del tutto eccezionale) il desiderio di parlare con lei, e di ascoltarla, è venuto prima ed è stato più importante dell’attrazione fisica. E da 5 anni ormai continua ad essere la cosa più importante nel nostro legame.

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  15. GiacominoLosi ha detto:

    mah
    chattare necesse est, cum attaccum chattitis habeas

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  16. utente anonimo ha detto:

    E’ una cosa su cui sto riflettendo anche io molto in questi giorni. Anzi, ti dirò di più. Essendo io per natura una persona chiacchierona, mi sono accorta che da quando scrivo regolarmente sul blog parlo di meno. E il confine tra la realtà e il virtuale, tera le persone che conosco per davvero e quelle che mi commentano si fa labile. Non so se è un male, un bene. Forse. come la maggior parte delle cose, è neutro e sta a me scegliere come usarla….
    Cmq sto elaborando dati per scrivere un post sui pro e contro del blog ( e sto già scrivendo post sulla natura del blog), quando lo pubblico sei la benvenuta per discuterne se ti va.

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  17. utente anonimo ha detto:

    P. s. Neronda sloggata….

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  18. lo_struzzo_nero ha detto:

    Non ti preoccupare per tutto ciò, è normale avendo un blog, te lo dice uno che il blog ce lo ha da tre anni..

    un salutone

    ps.: tanta solidarietà si può trovare da queste parti sai..

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  19. Higurashi ha detto:

    Davanti ad un foglio bianco, senza la pressione degli occhi altrui addosso e senza la paura di essere tediosa od annoiare il prossimo, si è in grado di ordinare i pensieri e scrivere tutto ciò che ti capita per la testa, senza tener conto di null’altro. E non mi sembra una cosa negativa, anzi.
    Inoltre guarda il lato positivo: scrivendo post lunghi e leggendo i commenti di chi risponde in proposito, sei semplicemente più sicura che c’è qualcuno che di sua “sponte” ha voluto leggere tutto quello che hai scritto, senza sentirsi in dovere di farlo o senza “subirlo” passivamente.

    Un saluto 🙂

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  20. flalia ha detto:

    Veramente GRAZIE di cuore per tutte le vostre risposte.

    Lory: che meravigliosa metafora hai usato per descrivere il mio blog… Non so se me la merito ma grazie 🙂

    Davide: grazie perché nei tuoi commenti mi racconti sempre un po’ di te. Purtroppo mi riconosco molto nel “ritrattino” che hai fatto di te dopo la perdita del nonno. Anch’io a volte penso che forse si tratta solo di aspettare la persona giusta, come è successo a te; a volte dubito anche di quello…

    Giacomino: vorrei risponderti in modo coerente ma sono troppo stanca per mettermi a scrivere in latino… ma come ti vengono certe cose? ;-))

    Neronda: grazie, di sicuro parteciperò alla discussione 🙂

    Struzzo: un salutone anche a te, Struzzo, è vero quel che dici sulla solidarietà… e io non me le aspetto mai certe cose belle… 🙂

    Higurashi: ecco, mi mancava il tuo commento sereno, Higurashi. Grazie. E grazie per passare di qui. Ciao 🙂

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  21. lauraetlory ha detto:

    Carissima Ilaria,
    non parlerò molto ma ti dirò che mi hai ricordato il personaggio di una mia favoletta. E visto che ti ci vedo proprio, oggi la pubblico sul blog di modo che tu possa andare a leggerla. La gente adora chi sa ascoltare, perché sono persone rare, ma non ama ascoltare, perché è centrate su se stessa. Non ho, come sai, molta fiducia nel genere umano. Forse perché anch’io ascolto troppo e parlo poco. E quel poco, tranne che sul blog, si perde nelle orecchie vuote e dispersive di chi non mi ascolta.
    Laura

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  22. flalia ha detto:

    Grazie, Laura! Adesso vado a leggermi la tua favola e poi la commenterò lì. intanto grazie per le tue belle parole, e anche per la fiducia nel blog come mezzo di conservazione dei pensieri. Ciao 🙂

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